puntatrice
sf. [da punto]. Macchina operatrice impiegata nella saldatura elettrica a resistenza, per mezzo della quale si esegue l'unione per “punti” dei lembi sovrapposti di due lamiere che vengono serrati tra due elettrodi in lega di rame azionati meccanicamente, o da un cilindro ad aria compressa. Quando si chiude il circuito elettrico, al passaggio della corrente si avrà uno sviluppo notevole di calore, per effetto Joule, nei punti di contatto tra gli elettrodi e la lamiera, e tra le due lamiere, che porta ad alta temperatura (e alla conseguente fusione) solo una zona limitata di metallo; gli elettrodi vengono raffreddati da un flusso d'acqua che scorre in appositi canali, per evitare il surriscaldamento della punta e il suo conseguente incollamento alle lamiere, nonché la deformazione sia dell'elettrodo stesso che della sua impronta sul punto di saldatura. Si impiegano correnti molto elevate (anche decine di migliaia di A), per tempi brevissimi. Nelle macchine più potenti e sofisticate i tempi di saldatura, controllati da un circuito elettronico che comanda un thyratron possono essere anche di pochi centesimi di secondo. In casi particolari (per esempio saldatura di lamiere di acciaio) il ciclo di saldatura può prevedere anche la variazione della pressione di contatto e dell'intensità della corrente, per evitare il brusco raffreddamento della zona di saldatura, e la sua conseguente fragilità.