psicologismo
IndiceLessico
sm. [sec. XIX; da psicologia].
1) In senso generico, la tendenza gnoseologica di chi pone la psicologia a fondamento di ogni altra forma di conoscenza, specialmente in campo filosofico e storico.
2) In letteratura, tendenza di uno scrittore o di un critico a privilegiare gli elementi psicologici rispetto ai valori espressivi.
Filosofia
Tendenza che mette a fondamento della sua ricerca i dati della riflessione dell'uomo su se stesso, cioè della sua coscienza. Metodo e compito della filosofia è quindi per lo psicologismo l'auto-osservazione o coscienza. È questa la posizione di J. F. Fries e di F. E. Benecke, nei primi decenni del sec. XIX, assunta quale opposizione all'idealismo hegeliano. Gioberti definiva lo psicologismo “il procedimento che dall'uomo va verso Dio” in opposizione a quello che da Dio va verso l'uomo (ontologismo) e come tale lo considerava la nota dominante della filosofia moderna a iniziare da Cartesio. Si oppose allo psicologismo Kant con la sua distinzione nei concetti a priori fra la “questione di fatto”, cioè del loro accadere nella mente o nella coscienza, e la “questione di diritto”, che ricerca la loro validità e la fonda sulla deduzione: si ha quindi una dimensione logico-oggettiva della conoscenza, che dimostra l'incompletezza della conoscenza perseguita attraverso lo psicologismo. Sulla scia del maestro le varie scuole kantiane sostennero che la conoscenza è irriducibile alla coscienza in quanto conoscenza solo soggettiva.
Logica e matematica
Nella seconda metà del sec. XIX lo psicologismo interessò anche la logica e la matematica. In stretto collegamento con le posizioni empiristiche di J. S. Mill e di H. von Helmholtz sulla natura dei principi primi della logica e della matematica, si svilupparono concezioni che fondavano le leggi logiche sulle leggi psicologiche e tentavano di determinare il concetto di numero facendo riferimento al suo modo di formarsi dal punto di vista psicologico. Furono soprattutto i tedeschi Christoff Sigwart, Theodor Lipps, R. O. S. Lipschitz e R. Stricker a sviluppare nelle loro opere questa concezione. Si deve a G. Frege nei suoi Fondamenti dell'aritmetica (1884) una stringente critica a queste posizioni. Per Frege “il numero non costituisce un oggetto della psicologia, né può considerarsi come un risultato di processi psichici” e il fondare l'aritmetica su basi psicologiche trascina tutto nel soggettivo e toglie ogni carattere di verità oggettiva alla matematica. A sua volta, E. Husserl perviene alle stesse conclusioni nelle sue Ricerche logiche (1900), sottoponendo a una critica sistematica le concezioni psicologiche della logica e della matematica. In seguito lo psicologismo perse sempre più terreno nella questione dei fondamenti e nelle opere filosofiche e logiche successive solo indirettamente si possono individuare riferimenti a favore o contro lo psicologismo.