prosèlito

(non comune prosèlite), sm. (f. -a) [sec. XIV; dal greco prosḗlytos, nuovo venuto, straniero]. Nuovo seguace di un partito politico, di una dottrina, di una religione e simili. Nella loc.: far proseliti, guadagnare seguaci a una causa. § Il termine proselito appare per la prima volta nella Bibbia dei Settanta per rendere l'ebraico gēr, straniero residente. Alla fine del I millennio a. C. e all'inizio del I d. C. sta a indicare sempre più il convertito all'ebraismo, una figura che diventa frequente specialmente nella diaspora ebraica fuori della Palestina. “Proselito giusto” era chi aveva accettato la fede ebraica in maniera completa, per distinguerlo da chi l'accettava solo in forma parziale, sulla base dei cosiddetti “comandamenti di Noè” (Genesi 9,1 seg.) e si limitava quindi alla macellazione rituale. Il Nuovo Testamento menziona frequentemente i proseliti e Matteo (23,15) segnala esplicitamente lo zelo dei Farisei in questo senso. Sembra anzi che proprio tra i proseliti la testimonianza apostolica abbia avuto il maggiore successo.

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