polarìmetro
sm. [sec. XIX; polari(zzazione)+-metro]. Strumento per la misurazione dell'angolo di cui ruota il piano di polarizzazione di una radiazione luminosa polarizzata linearmente nell'attraversare determinate sostanze che, per questa proprietà, sono dette otticamente attive. Tale angolo è proporzionale al potere rotatorio della sostanza e pertanto un polarimetro è uno strumento di misura del potere rotatorio. Il principio di funzionamento del polarimetro è il seguente: la sostanza S "Per la figura 1 vedi il lemma del 15° volume." "Vedi figura 1 pag. 323" in prova, generalmente liquida, viene introdotta in un cilindro di vetro disposto fra un polarizzatore P (Nicol o polaroide) e un analizzatore A; questo è un dispositivo ottico analogo al polarizzatore, ma è disposto in maniera tale che, in assenza della sostanza in prova, la radiazione monocromatica incidente polarizzata per effetto del passaggio nel polarizzatore sarebbe estinta dall'analizzatore. La presenza della sostanza otticamente attiva fa ruotare il piano di polarizzazione e quindi non si ha estinzione. Questa viene prodotta, invece, facendo ruotare l'analizzatore intorno alla direzione di incidenza, di un angolo eguale e contrario all'angolo di cui la sostanza ha fatto ruotare il piano di polarizzazione della radiazione. La misura di tale angolo viene eseguita mediante un'alidada L fissata all'analizzatore e un goniometro fisso G. Un osservatore Os rileva l'estinzione mediante un oculare Oc. In pratica, la determinazione della posizione di estinzione è inevitabilmente poco precisa per la presenza di luci parassite, per cui, in realtà, all'estinzione corrisponde un minimo di illuminamento più o meno esteso; si ricorre quindi a dispositivi che aumentano la sensibilità di tale determinazione. È tale l'analizzatore a penombra, che sfrutta l'effetto di una lamina mezz'onda M disposta fra il polarizzatore e la sostanza in studio. La lamina occupa metà del campo visivo dell'osservatore Os. La parte superiore del fascio è quindi sfasata di mezza lunghezza d'onda rispetto a quella inferiore. Dalla lamina escono due vibrazioni OE, OE´, "Per la figura 2 vedi il lemma del 15° volume." "Vedi figura 2 pag. 323" in opposizione di fase, simmetriche rispetto a una linea neutra della lamina, per esempio rispetto allo spigolo verticale MM; queste due vibrazioni non possono essere contemporaneamente estinte dall'analizzatore. Fra le due posizioni di estinzione esistono due posizioni per le quali il mezzo campo superiore e il mezzo campo inferiore sono egualmente illuminati, per le quali la sezione principale del Nicol è orientata secondo XX´. L'osservatore, facendo ruotare l'analizzatore, determina quella posizione, fra queste due, per la quale l'illuminamento è minore, allo scopo di utilizzare al massimo la sensibilità differenziale dell'occhio; la misurazione viene ripetuta con e senza la sostanza in prova. Si riesce così a determinare l'angolo di rotazione con una sensibilità di un centesimo di grado. Nei polarimetri più recenti, l'occhio dell'osservatore è sostituito da ricevitori fisici (cellule fotoelettriche, o fotoresistenti o termopile); in altri polarimetri si sfrutta il principio di compensare la rotazione del piano di polarizzazione dovuta alla sostanza in prova con il potere rotatorio magnetico. Si raggiunge così una sensibilità di un millesimo di grado.