polìtica (economia)
Indicecon politica economica si intende l'insieme delle norme e degli atti con cui lo Stato interviene nella vita economica per raggiungere determinati fini d'interesse generale. Intesa quale disciplina, la politica economica è un ramo della scienza economica che “ha per oggetto lo studio delle forme, dei fini, dei mezzi e degli effetti di tale intervento” (O. Fantini). Sia a livello di azione sia a quello di disciplina, essa presuppone pertanto la conoscenza dell'economia politica ma anche di tutte le altre discipline (statistica economica, storia economica, scienza delle finanze, ecc.) in grado di qualificare gli interventi più conformi agli scopi da raggiungere. La politica economica è connaturata a qualsiasi forma di organizzazione statale essendo impensabile, anche in un regime di laissez faire, un non intervento dello Stato stesso nella vita economica, pur diversificandosi tale intervento in ampiezza e variando in rapporto alle istituzioni, all'ambiente fisico, alle condizioni economiche, demografiche, sociali di ciascun Paese, considerato a sé stante e come parte della comunità internazionale. I suoi scopi, quindi, non solo mutano da Paese a Paese ma sono altresì mutati nel corso della storia. Nell'epoca attuale il fine ultimo della politica economica è il benessere collettivo, vasto obiettivo che si concretizza e si estrinseca in una serie di obiettivi economici ed extraeconomici spesso interdipendenti e spesso fra loro alternativi fra cui emergono prioritariamente: lo sviluppo economico accompagnato dalla piena occupazione; la stabilità dello sviluppo nel tempo; l'equilibrio del processo di crescita inteso sia come attenuazione delle disparità nella distribuzione del reddito e della spesa reale tra i diversi gruppi sociali, i diversi settori produttivi e le diverse aree geografiche, sia come equilibrio monetario; la tutela degli interessi dei singoli componenti la collettività e, in particolare, l'emancipazione di taluni gruppi sfavoriti; il mantenimento della pace internazionale, quale presupposto al progresso economico nazionale, mediante opportuni accordi di collaborazione e l'incremento degli scambi con gli altri Stati. Per attuare tali fini, i responsabili della politica economica (organismi pubblici, in primo luogo il governo e le autorità monetarie, ma anche organismi privati che direttamente o indirettamente partecipano al processo di decisione, come sindacati, associazioni d'imprenditori e consumatori e tutti gli altri gruppi di pressione in genere) si avvalgono di mezzi (cioè le risorse finali a disposizione della collettività) e di strumenti (“meccanismi mediante i quali i mezzi disponibili sono applicati per realizzare la politica economica” a carattere istituzionale, monetario, fiscale, ecc.). In relazione ai fini e ai settori per cui e in cui l'intervento statale opera, la politica economica si ripartisce tradizionalmente nei seguenti rami: politica economica interna e internazionale, secondo se riguarda la vita economica nazionale presa a sé stante o come parte della comunità internazionale; politica commerciale interna e internazionale, secondo se riguarda gli scambi interni o quelli con l'estero (ne fanno parte la politica doganale e quella valutaria); politica industriale, comprendente l'organizzazione, la disciplina e il controllo delle attività industriali; politica dei trasporti;politica monetaria, relativa ai provvedimenti volti ad adeguare l'offerta di moneta alle esigenze della domanda globale e settoriale (ne fa parte la politica creditizia volta appunto al controllo del credito); politicaanticongiunturale o di stabilizzazione, volta ad attenuare le fluttuazioni cicliche; lo Stato in momenti di recessione, per esempio, dovrebbe aumentare la sua spesa al fine di sostenere la domanda aggregata e frenare la caduta del livello di attività economica; in epoca di sviluppo dovrebbe ridurre il suo intervento. Per una politica anticongiunturale può essere usata anche la leva monetaria; essa prevede un aumento più marcato della base monetaria e una discesa dei tassi in epoca di recessione per favorire la ripresa; un aumento più lento della base monetaria e un rialzo dei tassi nei momenti di ripresa, anche per attenuare i rischi di inflazione; politica finanziaria (fiscal policy), “insieme degli interventi finanziari, attivi e sistematici, di bilancio, di entrate (fiscali e creditizie) ma soprattutto di spese (di consumo e d'investimento), per assicurare lo sviluppo e la stabilità dell'economia contro fluttuazioni di espansione e di recessione, inflazioniste e deflazioniste” (C. Arena). § La politica del lavoro, un tempo intesa come la legislazione del lavoro concernente inizialmente solo la prestazione lavorativa, oggi investe, da una parte, ciò che riguarda la garanzia del rispetto dei diritti dei lavoratori circa l'igiene e la sicurezza del posto di lavoro, dall'altra, i problemi inerenti al funzionamento del mercato del lavoro (dal collocamento alle politica di formazione professionale). Così intesa la politica del lavoro ha cercato di fornire strumenti di sostegno all'occupazione (la cosiddetta politica attiva del mercato del lavoro). § La politica dei redditi disciplina “l'evoluzione di tutti i redditi (salariali e non salariali) onde realizzare una loro distribuzione e assicurare che lo sviluppo economico e il pieno impiego non portino a una svalutazione della moneta e non turbino l'equilibrio economico. ... Il suo scopo principale è una distribuzione più equa dei redditi” (G. Nederhost). Nella società industriale contemporanea la politica dei redditi (spesso conseguita attraverso incontri tra le parti sociali che, nel concordare una politica salariale, fanno sì che nel momento in cui viene distribuita al lavoro la sua quota essa non venga a contrastare con le esigenze di sviluppo dell'azienda e del sistema) è stata concepita anche come una politica finalizzata a tutte le attività di distribuzione del reddito, prima solo quello da lavoro poi tutti gli altri. Talvolta si è cercato di realizzare con essa una politica di programmazione economica, seppur limitata agli aspetti distributivi (essendo peraltro difficilmente separabili i problemi della distribuzione da quelli della produzione), senza tuttavia raggiungere significativi risultati. In altri casi, specialmente nei momenti di crisi, essa ha costituito uno degli strumenti utilizzati per evitare spinte inflazionistiche, pur assicurando una certa equità sociale. § La politica sociale inizialmente è stata considerata come legislazione sociale destinata a operare a favore dei lavoratori dipendenti nel caso di cessazione o interruzione dei redditi del lavoratore a causa di malattie, invalidità e anzianità, distinguendosi dagli interventi a favore dei non abbienti (un tempo gli iscritti all'elenco dei poveri) condotti dalla beneficenza pubblica e privata. In seguito, le provvidenze previste dai diversi istituti furono estese a forme di lavoro differenti da quelle del salariato fino alla creazione di un sistema difficilmente governabile di assistenza pubblica, talvolta incerto anche nei suoi principi fondativi. Questo insieme di tutele è entrato in crisi, anche in relazione alla messa in discussione dello stato sociale, senza tuttavia che si siano delineati nuovi assetti, sia sul piano della gestione sia, soprattutto, delle grandi scelte su ciò cui debba provvedere lo Stato e su ciò che è da affidare alle organizzazioni economiche e sociali o agli stessi nuclei familiari.
Organizzazione aziendale
Insieme delle linee guida e delle modalità stabilite dall'azienda – sulla base delle quali vengono decisi e attuati i programmi operativi – per il perseguimento di obiettivi prefissati. A seconda del loro contenuto le politiche possono essere distinte per ogni singola funzione aziendale (politica finanziaria, politica distributiva, politica di marketing, ecc.). La politica di bilancio indica il comportamento distorto di quegli amministratori che si servono delle discrezionalità lasciate dalla legge nella redazione del bilancio di esercizio allo scopo di tutelare specifici interessi, piuttosto che di garantire la migliore informazione nel rispetto del principio della neutralità. Le politiche contabili si differenziano dalla precedente in quanto definiscono le modalità di contabilizzazione di particolari operazioni soggette a diverse possibili rilevazioni (per esempio, le politiche di ammortamento). Molto più specifico è l'uso dell'espressione politica degli impieghi che, nell'ambito dell'economia delle aziende di credito, indica i criteri secondo i quali una banca concede prestiti alla clientela. La politica avviene comunque nel rispetto di alcuni principi generali, quali la diversificazione qualitativa degli impieghi, il frazionamento dei rischi e la limitazione dei fidi.
E. Corbino, Corso di politica economica e finanziaria, Milano, 1942; C. Bresciani-Turroni, Introduzione alla politica economica, Torino, 1943; O. Fantini, Politica economica e finanziaria, Padova, 1955; L. Einaudi, Lezioni di politica sociale, Torino, 1958; C. Arena, Finanza pubblica, Torino, 1963; J. Tinbergen, Principi e metodi della politica economica, Milano, 1969; A. Campolongo, Politica economica, Milano, 1972; D. Cavalieri (a cura di), La politica dei redditi, Milano, 1973; A. M. Fusco (a cura di), Analisi economica e politica economica nel pensiero degli economisti d'oggi, Napoli, 1990.