plàcet
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sm. [propr., piace, terza pers. sing. dell'ind. pr. del latino placēre, piacere].
1) Assenso dell'autorità civile ad atti dell'autorità religiosa riguardanti la destinazione dei beni ecclesiastici e dei benefici maggiori; nel 1920 in Italia il placet fu esteso anche ai benefici minori come canonicati e parrocchie; fu abolito nel 1929 con i Patti Lateranensi. Il termine è usato nella terminologia ecclesiastica per significare l'assenso di un padre conciliare alle disposizioni poste in votazione: può essere pieno, senza condizioni; o condizionato (iuxta modum). Il voto contrario si dice non placet.
2) Per estensione, consenso, approvazione in genere: non ha avuto il placet dal direttore.