Lessico

sf. [sec. XIII; dal latino piscīna, propr. peschiera, da piscis, pesce].

1) Campo d'acqua, detto anche vasca, a forma generalmente rettangolare adibito a esercitazioni e gare di nuoto.

2) In fisica nucleare, per reattori a piscina, vedi reattore.

Tecnica

La piscina può essere di uso sia privato sia pubblico ed è costruita in cemento armato con fondo, pareti e bordi rivestiti di piastrelle di maiolica o di vetro; sono inoltre molto diffuse piscine prefabbricate, costituite di fondo e pareti in acciaio ricoperti di PVC celeste. La lunghezza varia dai 25 ai 100 m e la larghezza è in genere superiore ai 10 m; le piscine possono essere estive (scoperte) o invernali (coperte). Per gare di nuoto e per tuffi hanno lunghezze di 25 o di 33,33, o di 50 m, e larghezza da 20 a 30 m; hanno il fondo inclinato che va da 0,50 m a 4,50 m con la profondità maggiore in corrispondenza della piattaforma per i tuffi. Ogni piscina è regolamentare solo se omologata dalla FIN (Federazione Italiana Nuoto). Inoltre, per permettere al nuotatore di mantenere la giusta direzione, il fondo della piscina è segnato con strisce scure mentre sullo specchio dell'acqua vengono poste delle corde sostenute da galleggianti che lo dividono in varie corsie. L'impianto è dotato di spogliatoi, servizi igienici e sanitari, tribune per il pubblico. Esistono pure piscine artificiali galleggianti create su fiumi, laghi o bracci di mare, delimitate da zatteroni o galleggianti uniti tra loro da travature di vario tipo.

Architettura romana

Nell'architettura romana, particolarmente interessata a tutti i problemi idraulici, con piscinae si intendevano bacini d'acqua sia scoperti sia coperti come i vivai per pesci (vivaria) nelle lussuose ville al mare, o le vasche per nuotare, collegate alle terme o anche isolate, come la piscina publica, ricordata già nel sec. III a. C. presso Porta Capena, dove si svolgevano gare di nuoto. In tutto il mondo romano, e particolarmente in Africa, vi sono numerosi resti di grandi serbatoi d'acqua, di solito sotterranei, coperti a volta, rivestiti di cocciopesto impermeabile (opus signinum) e spesso divisi da pilastri in più navate (per esempio la piscina mirabilis di Bacoli, che alimentava il porto militare di Miseno). Costruiti lungo il percorso degli acquedotti o al loro termine, questi serbatoi avevano anche spesso lo scopo di depurare l'acqua con particolari accorgimenti (cisterne a due piani, aperture sfalsate, ambienti-filtro).

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