peronismo
sm. [sec. XX; dal nome del generale Juan Domingo Perón]. Movimento politico a carattere nazionalistico e populistico, promosso e quindi diretto da Juan Domingo Perón, presidente dell'Argentina dal 1946 fino al colpo di stato del 1955 e di nuovo, dopo un lunghissimo periodo di esilio, dal 1973 sino alla sua morte (1974). La sua dottrina, genericamente indicata col nome di “giustizialismo”, si ispirò ai modelli di governo fascisti e reazionari di Mussolini, Salazar e Codreanu, mettendo però l'accento sul ruolo dell'indipendenza economica, sul primato della sovranità nazionale e sulla ricerca di una più diffusa giustizia sociale (il regime in forma di dittatura si presenta, infatti, come tentativo di “terza posizione” in alternativa tanto al capitalismo quanto al comunismo). Caratterizzato da un vasto impegno di fronte ai problemi economico-sociali, il peronismo ha cercato inizialmente di ottenere un aumento dei salari operai, una stabilizzazione dei prezzi delle derrate alimentari, la concessione di un salario minimo agli operai agricoli, anche assicurandosi il pieno appoggio delle centrali sindacali e del sottoproletariato. Il peronismo ha goduto di vastissima popolarità in Argentina e in molti Paesi dell'America Latina; ma la sua caduta ha rappresentato, nel 1955, una rivincita delle tradizionali forze politiche e delle vecchie classi dirigenti, che avevano contrastato molte sue riforme sociali, e contemporaneamente ha segnato il sopravvento degli interessi e del capitale stranieri. Diviso in varie correnti interne (alcune moderate vicine agli ambienti militari, altre più legate ai sindacati o decise a una lotta armata rivoluzionaria a sostegno delle rivendicazioni degli operai e dei contadini), il peronismo presenta programmi, caratteri e strutture dirigenti profondamente dissimili dai lineamenti originari, fissati o almeno proposti dal suo leader durante il primo mandato presidenziale. Sconfitto nel 1983 dai radicali nelle elezioni che segnavano il ritorno dell'Argentina alla democrazia, il peronismo ottenne una rivincita nelle politiche del 1987 conquistando la maggioranza parlamentare. Il ricompattamento delle diverse tendenze del movimento intorno a C. Sául Menem consentì a quest'ultimo la vittoria elettorale che lo portò alla presidenza della Repubblica (1989). Modificata la Costituzione in modo da potersi ricandidare per un secondo mandato (1994), Menem era nuovamente eletto presidente nel maggio 1995.