pelagianésimo o pelagianismo
sm. [da pelagiano]. Dottrina teologica formulata da Pelagio affermante la sostanziale sanità morale della natura umana anche dopo il peccato originale e di conseguenza la capacità dell'uomo di evitare ogni peccato (impeccantia) con la sua sola volontà temprata dall'ascesi. La grazia divina, pur dichiarata necessaria per compiere il bene, veniva intesa dal pelagianesimo nel senso estrinseco (gratia externa), costituita cioè dall'esempio offerto da Cristo, dalla predicazione del Vangelo, dalla legge o al massimo dall'illuminazione dello Spirito Santo, e non da un impulso divino e dall'infusione dell'amore (gratia interna). Di conseguenza il pelagianesimo negava una differenza sostanziale tra moralità naturale e moralità soprannaturale. La dottrina pelagiana ebbe una vasta diffusione nell'Occidente romano e cooperò a incentivare un rinnovamento morale, mirando all'ideale di una giustizia perfetta. Tuttavia fu presto avversata dalla Chiesa per la pratica del battesimo ai bambini, per la negazione del peccato originale e per l'indipendenza del libero arbitrio dell'uomo dall'azione di Dio. Sant'Agostino l'avversò fieramente e ne provocò la condanna nei concili provinciali di Cartagine e di Milevi (416). Nel 418 papa Zosimo, che in un primo tempo aveva approvato il pelagianesimo, lo condannò nella sua Epistula tractoria. Continuarono però incertezze e contrasti e questi furono sciolti solo dal Concilio di Orange nel 529.