netsuke

s. giapponese [da ne, radice+tsuke, attaccare, cosa fissata] usato in italiano come sm. Indica una specie di bottone, per lo più in legno o in avorio intagliato, usato per tenere sospesi alla cintura i sagemono (o koshisage), cioè oggetti quali il borsellino per le monete, l'accendino, la pipa, il necessario per la scrittura, l'astuccio porta-medicinali (inrō) e altro. Per assolvere la loro specifica funzione i netsuke erano provvisti di due fori attraverso i quali passavano i cordoni di seta a una cui estremità venivano fissati i piccoli oggetti contenitori; tra questi e i netsuke scorreva un altro piccolo bottone (ojime), con la funzione di regolare il cordone per mantenere ben fissati gli oggetti attaccati. L'uso dei netsuke in Giappone sembra risalire alla fine del sec. XVI, mentre in Cina oggetti analoghi e con le stesse funzioni (chiamati ch'u-tzu) erano usati fin dal sec. XIII. I netsuke giapponesi, che nel corso dei secoli sperimentarono l'abilità tecnica e la fantasia inventiva di generazioni di artisti, furono noti in Occidente nella seconda metà del sec. XIX e subito molto apprezzati e ricercati. Dalla prima forma a disco (manju) i netsuke si svilupparono in una varietà di forme e nello sfruttamento delle materie più diverse, tra cui la porcellana, la lacca e il metallo, destinate a trasformarsi in forme raffiguranti i più disparati soggetti, ispirati alle dottrine religiose, alla leggenda, a realistiche scene di genere, ai fiori, agli animali, perfino alla raffigurazione di pagode ambientate in scorci di paesaggi montani, al mondo degli oggetti (pistole, staffe, elmi), alle maschere per il teatro, ecc. Evitando soprattutto accentuate sporgenze, spigoli, angoli acuti, il netsuke doveva rispondere a particolari sensazioni di tatto e nello stesso tempo non impigliarsi nelle vesti. Oltre che nelle collezioni pubbliche (musei d'Europa e d'America) notevoli esemplari di netsuke figurano oggi in numerose raccolte private.