inrō
termine giapponese indicante un piccolo astuccio, generalmente in legno laccato, provvisto di più scomparti rientranti gli uni negli altri, usato quale contenitore individuale di medicine, droghe e altre sostanze in polvere. Esso veniva portato appeso alla cintura (obi) mediante un cordone di seta che passava per appositi fori nei due fianchi del contenitore, la cui chiusura era assicurata da una specie di nottolino scorrevole (ojime) infilato nel cordone di seta tra l'inrō e il netsuke (sorta di bottone scolpito, anch'esso oggetto di raffinato artigianato artistico). L'uso dell'inrō venne di moda in Giappone tra il sec. XVII e il sec. XVIII quale contenitore del sigillo personale e della relativa pasta colorata. Prodotto raffinato della lacca giapponese, che ne riveste le superfici e ne segna le più infinite decorazioni (dai motivi naturalistici alla raffigurazione di personaggi), questo oggetto è considerato prezioso pezzo del collezionismo specializzato (importanti esemplari figurano nelle raccolte dei musei orientali europei e americani). Oltre che in legno gli inrō possono essere eseguiti in metallo (argento o lega di metalli), in avorio, in porcellana o ancora in altri materiali.