minzióne
sf. [sec. XIX; dal latino tardo minctío-ōnis, da mingĕre, mingere]. Atto fisiologico che determina l'espulsione dell'urina raccolta nella vescica. Lo svuotamento vescicale è dovuto alla contrazione del muscolo detrusore, coordinata con il rilasciamento di due strutture sfinteriali: lo sfintere del trigono, o sfintere interno, e lo sfintere uro-genitale o sfintere esterno. La minzione è essenzialmente un atto riflesso, in cui lo stimolo scatenante è rappresentato dalla distensione dell'organo vescicale oltre certi limiti in seguito all'aumento del contenuto urinario. In condizioni normali la muscolatura della parete vescicale si contrae quando la pressione intracavitaria abbia raggiunto 16-18 cm di H₂O, corrispondente a un volume urinario di ca. 400 ml: in tali circostanze la minzione può essere volontariamente impedita dall'intervento cosciente della corteccia cerebrale che, tramite il nervo pudendo esterno, invia impulsi eccitatori (anti-minzione) allo sfintere urogenitale, costituito da fibre muscolari striate. Grazie a questo meccanismo è possibile trattenere volontariamente l'urina in vescica fino a volumi urinari dell'ordine di 700-800 ml. Al di sopra di questi valori il riflesso della minzione diventa incoercibile e lo svuotamento della vescica avviene automaticamente, senza possibilità di controllo volontario. In condizioni di esagerata diuresi (per esempio in seguito a somministrazione di farmaci diuretici), l'aumento brusco della pressione intravescicale costituisce di per se stesso uno stimolo adeguato per la contrazione del muscolo detrusore e quindi per la minzione, anche se il volume dell'urina contenuta in vescica non abbia ancora raggiunto il valore soglia. Il controllo corticale della minzione richiede un'adeguata maturazione del sistema nervoso: nei lattanti, infatti, la minzione è un atto involontario e incosciente, che si verifica con meccanismo puramente riflesso; il controllo volontario dello sfintere vescicale inizia in media all'età di 30 mesi.