Descrizione generale

sm. [sec. XIX; da mare+moto (sm.), sul modello di terremoto]. Sistema di onde marine, dotate di lungo periodo di oscillazione, prodotto da un movimento sismico con epicentro su un fondale marino, o da un'eruzione vulcanica sottomarina di tipo esplosivo. Le onde si propagano allargandosi con andamento concentrico, interessando una vasta superficie; la loro velocità, dipendente dalla profondità del bacino, può raggiungere negli oceani 700-800 km/h; l'ampiezza, decrescente a partire dall'epicentro, è di alcuni metri e la lunghezza d'onda di centinaia di chilometri. In prossimità delle coste, l'onda, per la diminuzione dello strato d'acqua e per il sommarsi di effetti d'interferenza, aumenta progressivamente d'altezza e nelle baie profonde e strette e nei canali può superare 30 m, anche in zone poste a migliaia di chilometri di distanza dal punto d'irraggiamento. Particolarmente pericolosi per le regioni ad alta intensità sismica e nell'Oceano Pacifico dove sono noti con il termine giapponese tsunami. Storicamente si ritiene che l'eruzione del vulcano sull'isola greca di Santorini nel 1650 a.C. causò uno maremoto che distrusse la civiltà minoica a Creta. Un altro devastante fu quello che si verificò in Giappone al largo della costa di Hokkaido, in conseguenza di un terremoto, il 12-VII-1993; sull'isola di Okushiri persero la vita 202 persone e altre centinaia furono ferite o disperse. In Italia il maremoto più violento mai registrato risale al 28-XII-1908, in seguito al terremoto di Messina. Il maggiore e più recente episodio è legato al maremoto dell'oceano Indiano del 26-XII 2004. In quell'occasione il maremoto generato da un terremoto di magnitudine 9,3 al largo delle coste indonesiane, ha colpito principalmente Indonesia, Thailandia, Srī Lanka e India sudorientale.

Prevenzione dei maremoti

Non tutte le aree costiere sono soggette a maremoti e/o onde anomale ma solo quelle esposte direttamente verso il mare aperto, con fondali bassi e senza difese naturali come per esempio le barriere coralline. In questi casi gli edifici lungo la costa devono prevedere la possibilità di mareggiate con onde che possono superare i 5/10 m e, quindi, disporre di frangiflutti o barriere verdi capaci di rompere le onde e diminuirne la velocità di avanzamento. Ideali a questo proposito sono le fasce di mangrovie che, con le loro radici intrecciate, possono resistere ai maremoti e proteggere le zone più interne della costa. Anche frangiflutti artificiali, come quelli disposti all'entrata dei porti, possono servire a rompere l'ondata di piena generata dal maremoto. In ogni caso, nelle zone soggette a rischio di maremoti (esistono a tal proposito studi dettagliati per tutta la zona dell'Oceano Pacifico) sarebbe opportuno evitare di costruire strutture abitative entro i 200 m dalla linea costiera o, quantomeno, prevedere al momento della progettazione una via di incanalamento delle acque tale da limitare i rischi per le strutture degli edifici. Fondamentale è anche informare tempestivamente la popolazione per evitare che i fenomeni che precedono un maremoto (per esempio terremoti vicini con epicentro in mare, il ritirarsi delle acque per centinaia di metri, le singole onde anomale) vengano sottovalutati o erroneamente interpretati.

Sistemi di allarme

I Paesi industrializzati che affacciano sulle coste del Pacifico come per esempio gli Stati Uniti, il Giappone e l'Australia, hanno da tempo attivato un sistema di allarme in grado di individuare le onde anomale e segnalarle via radio a centri di monitoraggio che, in brevissimo tempo, allertano le popolazioni più esposte al rischio, permettendone l'allontanamento dalla linea costiera. Il centro di monitoraggio è situato nelle Hawaii e fa capo all'Agenzia Federale Oceanografica degli Stati Uniti (NOAA). Considerando un'onda di marea prodotta da un maremoto, pur viaggiando a velocità elevata (fino a 800 km/h), deve percorrere centinaia di chilometri prima di abbattersi sulla cosa, si può in genere contare su un lasso di tempo di circa qualche minuto o addirittura di ore. Tecnicamente il sistema si basa su una rete di boe dotate di un dispositivo in grado di misurare il livello del mare momento per momento. I dati recuperati dalle boe sono inviate, via satellite, a un centro di raccolta dove una serie di computer analizzano le anomalie per valutarne il livello di rischio. In presenza di terremoti sottomarini, rilevati tramite la rete mondiale dei sismografi, il sistema si allerta per verificare l'insorgenza di onde di maremoto e per tracciare la mappa delle zone colpite oltre a controllare il livello raggiunto dalle acque in ogni area. L'allarme, trasmesso via radio, viene diffuso nelle regioni costiere da altoparlanti, da auto della polizia e attraverso le trasmissioni radiofoniche. Dopo il disastroso maremoto che, il 26 dicembre 2004, ha devastato lo Srī Lanka e gli altri Stati che si affacciano sull'Oceano Indiano, 26 Paesi tra cui India, Indonesia e Thailandia hanno sottoscritto un accordo presso le Nazioni Unite per la realizzazione di un sistema di previsione e di allarme simile a quello già in funzione nell'Oceano Pacifico. Anche l'Italia sta lavorando per potenziare la rete sismica Mednet, gestita dall'Istituto italiano di geofisica e vulcanologia (INGV), e per creare un sistema di allarme preventivo antimaremoto esteso a tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterrano.

Trovi questo termine anche in:

Quiz

Mettiti alla prova!

Testa la tua conoscenza e quella dei tuoi amici.

Fai il quiz ora