iperlipoproteinemìa
sf. [iper-+lipoproteina+-emia]. Aumento nel sangue delle lipoproteine, che sono la forma principale di trasporto e circolazione dei lipidi nell'organismo. A seconda del tipo di lipidi in eccesso si distinguono varie forme di iperlipoproteinemia: in quella di primo tipo sono aumentati i chilomicroni, cioè i primi composti grassi misti che, nell'assorbimento del cibo, si rinvengono nel sangue, in quella di secondo tipo è aumentato il colesterolo totale sintetizzato dal fegato, in quella di terzo tipo sono aumentati i trigliceridi, quelle di quarto e di quinto tipo, comprendono forme miste nelle quali sono aumentati sia i trigliceridi sia i chilomicroni. L'importanza di queste malattie, in gran parte ereditarie e trasmesse geneticamente per anomalie enzimatiche, sta nell'enorme aumento di incidenza in esse dell'arteriosclerosi e delle complicanze sia a livello degli arti, sia cerebrali, sia cardiovascolari a essa connesse (soprattutto infarto del miocardio), che in alcuni casi insorgono precocemente e progrediscono fino al decesso nel secondo-terzo decennio di vita. Ai sintomi vascolari si accompagnano accumuli di grasso, a volte di cospicue dimensioni, localizzati nella cute, nelle mucose e nei tendini, detti xantomi, per il loro colore giallastro. Una condizione di iperlipoproteinemia secondaria non ereditaria è riscontrabile in alcune malattie, come la sindrome nefrosica e la pancreatite, l'ipotiroidismo e le malattie croniche del fegato. L'accertamento è possibile tramite un prelievo di sangue venoso e la terapia si basa sulla dieta ipolipidica e su prodotti sia demolitori dei lipidi sia riduttori della produzione.