ignimbrite
sf. [dal latino ignis, fuoco+ imber, pioggia]. Roccia tufacea derivante dal consolidamento di un'emulsione surriscaldata (intorno ai 1100 ºC), costituita da frammenti di lava incandescente in gas molto caldi. L'emulsione trabocca da fessure lineari; il magma che dà origine alle ignimbriti è in genere riolitico o riodacitico, talora andesitico. I frammenti di lava rimangono in sospensione sia per l'abbondanza dei gas, costituiti essenzialmente da biossido di carbonio, sia per la loro stessa leggerezza (nelle coltri ignimbritiche abbondano le pomici). La caratteristica essenziale delle ignimbriti (o tufi saldati) è di essere costituite da frammenti saldati tra loro, il che presuppone una temperatura superiore per lo meno agli 800 ºC. La mancanza di stratificazione all'interno della coltre ignimbritica indica chiaramente che tutto il materiale in sospensione deve essersi depositato in un solo colpo e non per sovrapposizione di strati successivi. Inizialmente si riteneva, infatti, che le ignimbriti fossero il prodotto di immani eruzioni, le cui lave ricadendo avessero ricoperto estensioni di centinaia di km² di territorio. La messa in posto di una coltre ignimbritica richiede un tempo necessariamente molto ridotto, non superiore a una decina di minuti, per consentire al flusso ignimbritico di conservare il calore sufficiente a provocare la saldatura. Poiché le aree interessate da coperture ignimbritiche possono arrivare a centinaia di km², si devono supporre velocità di flusso elevatissime, fino a 300 km/h. Il più recente fenomeno di eruzione ignimbritica si è verificato nel giugno 1912 in Alaska, a opera del vulcano Katmai; in una vallata (chiamata poi valle delle 10.000 fumate) ai piedi del vulcano si formò una coltre ignimbritica lunga 25 km e larga da 5 a 8 km, con un volume di ca. 10 km3. Coltri ignimbritiche sono conosciute in tutti i continenti e ricoprono vaste zone di grandi isole (Nuova Zelanda, Giappone, Sumatra, Giava, Bali, Mindanao, Islanda, Corsica, Canarie). In Italia la piattaforma porfirica atesina, di età permiana, è interpretata come un espandimento ignimbritico, come del resto quasi tutte le rocce riolitiche e riodacitiche estese su ampie zone. Quasi sempre una coltre ignimbritica è associata a caldere, depressioni createsi in genere in seguito all'emissione dell'emulsione gassosa che forma appunto l'ignimbrite. A causa dell'estrema fluidità dell'emulsione, l'eruzione rapida del materiale provoca un vuoto temporaneo nella camera magmatica e un conseguente sprofondamento degli strati soprastanti.