iconoscòpio
sm. [sec. XX; icono-+-scopio]. Dispositivo per la ripresa di scene televisive , inventato nel 1923 da V. K. Zworykin. È realizzato con uno speciale tubo a raggi catodici il cui pennello elettronico esplora periodicamente, secondo una sequenza determinata da un opportuno comando (scansione), uno schermo sul quale viene proiettata la scena di cui si desidera effettuare la ripresa. Lo schermo è costituito da un foglio di mica che porta su una faccia un mosaico di microscopiche cellule fotosensibili (fotomosaico) e sulla faccia opposta una piastra metallica collegata a massa attraverso un resistore di resistenza R. La radiazione luminosa che incide sul fotomosaico asporta elettroni dai singoli elementi, che assumono una carica positiva proporzionale all'intensità della radiazione. L'esplorazione del fotomosaico da parte del pennello elettronico provoca la neutralizzazione, in successione rapida, della carica delle diverse cellule e di conseguenza, nel resistore R, una sequenza di impulsi di corrente proporzionali alle luminosità dei punti del fotomosaico che vengono via via esplorati. Ai capi di R si ricava perciò un segnale (tensione) che dipende dall'illuminazione, punto per punto, dello schermo. Una versione perfezionata dell'iconoscopio è l'iconotron (o iconoscopio a immagine elettronica), nel quale l'immagine da trasmettere non viene proiettata su un fotomosaico, ma su un fotocatodo il quale emette elettroni che, opportunamente accelerati, incidono su un mosaico di cellule sensibili. Su questo si forma un'immagine elettronica che replica fedelmente l'immagine ottica e viene poi esplorata dal pennello elettronico come nell'iconoscopio. Rispetto all'iconoscopio l'iconotron ha una sensibilità e una profondità di campo maggiori.L'iconoscopio, come detto, si basa sulle tecniche dei tubi a vuoto, mentre gran parte delle moderne telecamere si basa su tecniche elettroniche allo stato solido (per esempio sulla tecnica dei CCD).