evemerismo
sm. [da Evemero]. Interpretazione delle religioni in chiave razionalistica, per cui gli dei sarebbero personaggi realmente esistiti, divinizzati dai posteri per le loro imprese, e i miti sarebbero ricordi, fantasticamente elaborati, di vicende storiche antichissime. Autore di questa teoria fu Evemero di Messina, il quale s'inserisce nella corrente di pensiero greca iniziata con gli antichi logografi, che pretendevano di ricavare notizie storiche dalle tradizioni mitiche delle singole città. L'evemerismo nella cultura greca rispondeva all'esigenza di giustificare la presenza di un'enorme produzione mitologica, nonché la grande considerazione in cui essa era tenuta; d'altro lato, poiché la speculazione contrapponeva il “mito” al logos come una non-verità rispetto alla verità logica, si sentiva la necessità di ridurre alla logica, ossia di razionalizzare, i miti apparentemente razionalizzabili: un tentativo di ricavare la verità da forme menzognere; era in fondo la ricerca della verità nel senso della filosofia greca. Ripreso da Ennio nell'Euhemerus, l'evemerismo fu utilizzato dai primi autori cristiani nella loro polemica antipagana e fu poi ripreso dall'Illuminismo nella sua critica alle credenze religiose. Si denominò neo-evemerismo una corrente esegetica storico-religiosa del sec. XIX, facente capo a H. Spencer, secondo cui ogni religione trae origine dal culto degli antenati. Tali modi di porsi di fronte alla produzione religiosa sono stati superati negli studi storico-religiosi e tuttavia talvolta tentativi di razionalizzazione di tipo evemeristico emergono negli studi storico-filologici.