esperanto

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sm. [sec. XIX]. Lingua ausiliaria internazionale creata dal medico polacco L. L. Zamenhof che, con lo pseudonimo di Doktoro Esperanto (in lingua esperanto “dottore che spera”), ne pubblicò nel 1887 il primo manuale dal titolo Lingvo Internacia. Antaŭparolo kaj plena lernolibro (Lingua internazionale. Prefazione e libro completo di apprendimento). Il materiale lessicale dell'esperanto è per lo più derivato dalle lingue neolatine e in misura minore dalle lingue germaniche, dal greco, dalle lingue slave e da altre. L'accento è sempre sulla penultima sillaba della parola, come in polacco. La grammatica è estremamente semplice: il sostantivo termina sempre in -o, l'aggettivo in -a, il femminile si forma con il suffisso -ino, il plurale con la desinenza -j, l'accusativo con la desinenza -n, l'infinito del verbo termina con -i, l'indicativo presente termina con -as per tutte le persone, l'indicativo preterito termina con -is per tutte le persone, il futuro termina sempre con -os. § Il primo congresso di esperanto si svolse nel 1905 a Boulogne-sur-Mer e da allora i congressi furono ripetuti ogni anno. Esiste inoltre un movimento esperantista che si articola in federazioni nazionali rappresentate dalla UEA (Universala Esperanto Asocio), che ha sede a Rotterdam ed è membro consultivo dell'UNESCO dal 1964. La UEA si pone come scopo la diffusione dell'esperanto e la sua utilizzazione pratica per attività culturali, turistiche e commerciali. Si è sviluppata inoltre una ricca letteratura in esperanto e molti autori delle maggiori letterature sono stati tradotti (Omero, Virgilio, Dante, Shakespeare, Goethe, ecc.).

G. Quarone, Trattato completo di esperanto, Milano, 1950; V. Dall'Acqua, Esperanto. Rivoluzione della parola, Milano, 1977; U. Lins, La lingua pericolosa, Piombino, 1990.

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