erróre (filosofia)
falsità con apparenza di verità e come tale intrinsecamente contraddittoria. L'errore può essere: logico, se fondato sulla cognizione o formulazione imperfetta di una verità che si manifesta nella contraddittorietà della proposizione in cui tale verità viene espressa; scientifico, per l'inadeguatezza dei mezzi impiegati in una ricerca; psicologico, per insufficiente comprensione degli atti e dei fenomeni; pratico, per incompiuta o limitata esplicazione d'intenzioni o volontà volte a un fine. In questi casi le cause dell'errore sono diverse (pura incapacità a cogliere una verità oggettiva, errori sensoriali, insufficienza di metodo in una ricerca). L'esistenza fattuale dell'errore porta con sé il problema della sua possibilità e della sua origine: Socrate, Platone e Aristotele concordano nell'affermazione della realtà concreta dell'errore, assieme alla sua natura negativa o privativa, derivante soprattutto da deficienze del soggetto; Platone inoltre sostiene l'involontarietà dell'errore che, se certamente esiste, in ogni caso non è voluto come tale, ma è, sia sul piano teoretico che su quello pratico, il frutto di un'ignoranza che la filosofia può correggere; per Aristotele invece la radice dell'errore sta nella molteplicità che si oppone all'unità del vero. San Tommaso definisce l'errore una inadeguatezza fra intelletto e cosa, mentre per Baconeerrori sono gli “idoli” che impediscono all'intelletto il suo retto uso; Cartesio parla dell'errore come di un “difetto di verità”, quindi di natura essenzialmente privativa; e Spinoza spinge la negatività dell'errore al massimo grado. Nel pensiero moderno e contemporaneo il problema dell'errore è oggetto soprattutto della logica, dell'epistemologia e della psicologia, con una decisa trascuranza per ogni interpretazione metafisica.