elettroscòpio
sm. [sec. XIX; elettro-+-scopio]. Apparecchio che serve per rilevare lo stato di elettrizzazione di un corpo indicando il segno delle cariche. È costituito da due sottili foglioline d'oro o d'alluminio fissate all'estremità inferiore di una sbarretta metallica la cui estremità superiore termina con un pomo metallico. Le foglie sono situate entro un recipiente di vetro trasparente o metallico con una finestra di spia. In alcuni tipi si ha una sola foglia, la seconda essendo sostituita da una lamina rigida. Toccando il pomo con un corpo carico (o semplicemente avvicinando il corpo carico al pomo) le foglioline divergono per repulsione, perché si caricano entrambe di elettricità dello stesso segno di quella del corpo. Per stabilire se le cariche di due corpi sono di segno eguale od opposto si tocca il pomo in successione con i due corpi; le due cariche sono di segno eguale od opposto se la deviazione rispettivamente aumenta o diminuisce dal primo al secondo contatto. § Elettroscopio condensatore, ideato da A. Volta per misurare piccolissime differenze di potenziale: è un elettroscopio il cui pomo è stato sostituito da un piatto metallico ricoperto da uno strato di vernice isolante, su cui poggia un altro piatto metallico verniciato che può essere rimosso mediante un manico isolante. Se si mette il piatto inferiore a contatto con il conduttore di cui si vuole misurare il potenziale V (riferito a terra) e si collega il piatto superiore con la terra, l'elettroscopio acquista una carica q direttamente proporzionale a V e alla capacità C del sistema (q=CV). Se V è molto piccolo le foglioline non divergono sensibilmente. Staccato il contatto con il conduttore, se si allontana il piatto superiore, la capacità del sistema diminuisce fortemente passando a un valore c mentre la carica q sul piatto inferiore non cambia e il potenziale dell'elettroscopio deve portarsi a un nuovo valore V´ che deve soddisfare alla relazione V´c=q; ne segue che V´=C/cV; in tali condizioni le foglioline divergono sensibilmente.