cybercultura
sf. [sec. XX; da cyber-+cultura]. Termine utilizzato per indicare tutte le forme espressive e culturali generate in ambito informatico e telematico. L'attenzione che, sin dagli esordi delle reti Internet, sette millenaristiche, gruppi estremisti di ogni colore e persino i fondatori di comunità virtuali hanno dedicato al potenziale diffusivo del mezzo telematico, è sintomatica. Pulsioni culturali arcaiche e tecnologie postindustriali possono perfettamente convivere nella rete e alimentarsi reciprocamente, così come appare problematico applicare i tradizionali canoni della censura – ideati nel regime della carta stampata e della comunicazione radiotelevisiva classica – a usi moralmente illeciti della comunicazione telematica. Dalla rete arrivano nelle nostre case gli appelli alla solidarietà internazionale contro i diritti civili calpestati in qualche angolo del mondo e i cataloghi per pedofili, sconfinate possibilità di accesso al sapere e truffe organizzate su scala planetaria. La cybercultura ha generato persino formati di comunicazione e di trasmissione della conoscenza originali. Dal testo fisico, dotato di una sua materialità, tangibile al lettore – come nel caso del libro o del giornale su carta stampata - si è passati al testo virtuale, rappresentato da una sequenza di impulsi elettronici organizzati secondo codici predisposti e gestiti da un software. Testo immateriale, ma passibile di essere riprodotto a stampa in infiniti formati, immagazzinato entro una memoria elettronica di smisurata capienza e persino trasmesso – grazie alle tecnologie telematiche (Internet, posta elettronica) – in qualunque angolo del mondo in tempo reale. Analogamente, la cybercultura ha progressivamente abbandonato la rigida tipologia del testo per quella, in parte inedita, dell'ipertesto. Un ipertesto è costituito dai collegamenti fra un testo base composto elettronicamente e una serie di rimandi che possono essere altri passi di scrittura, ma anche brani musicali, foto, animazioni, grafici, riproduzioni artistiche, filmati e quanto altro sia tecnicamente riproducibile attraverso l'acquisizione informatica, cioè praticamente tutto. La tecnica dell'ipertesto è dunque per definizione multimediale e contribuisce a superare i tradizionali diaframmi stilistici e le stesse “grammatiche comunicative” proprie della cultura orale e scritta tradizionale. Non solo: l'ipertesto consente una sterminata varietà di percorsi, con continue digressioni analitiche e persino narrative. Non deve sorprendere come delle potenzialità della tecnica per ipertesto si siano avvalse per prime le enciclopedie interattive o multimediali. Ipertestuale è anche il sistema dei rimandi a connessione (link) dominante nei moduli Internet, dove l'uso di parole chiave necessarie alla ricerca automatica di riferimenti bibliografici o simili ha ormai sostituito le tradizionali ricerche tematiche, basate sul classico sistema dei repertori bibliografici o emerografici di tipo cartaceo. Questi esempi di metodiche e di linguaggi cyber applicati alla vita quotidiana contengono aspetti fortemente allusivi all'identità della cybercultura Una cultura del transito, del nomadismo intellettuale, della sperimentazione di percorsi personalizzati che appaiono, ai difensori del classico paradigma umanistico, espressione e sintomo di un vuoto, della mancanza di un ancoraggio sistematico ai venerati statuti formali della conoscenza. La cybercultura è per definizione contaminazione, ibridazione, apertura all'imprevedibile. È interpretazione “non autorizzata”, più che canonica salvaguardia di idee venerate, di stili espressivi consacrati, di rigorosi princìpi ispiratori. La rete che connette gli innumerevoli rimandi non ha centri né periferie, non impone letture lineari o sequenziali, non si fonda sull'autorità di un singolo artista o produttore culturale. Fuori di ogni interpretazione apocalittica, è certo che l'universo cyber possiede un grande potere di sconvolgere i moduli del sapere, della comunicazione e persino dell'intrattenimento. Ciò non implica la decadenza o la morte delle tradizionali forme culturali, anzi sembra che le nuove tecnologie abbiano avuto l'effetto di potenziare, anziché deprimere i consumi culturali. Certo si sta sgretolando l'egemonia di un paradigma comunicativo, quello della trasmissione tipografica della cultura e dell'informazione. Ma si tratta di un processo che corrisponde alla dilatazione abnorme delle attività e del tempo dedicati all'elaborazione e alla trasmissione di contenuti comunicativi. Si calcola che nei Paesi tecnicamente sviluppati non meno di due terzi della forza lavoro impiegata sia occupata in attività che hanno a che fare con il trattamento di informazioni o con servizi destinati a produrre comunicazione. La quantità di informazioni quotidianamente a disposizione di un cittadino tipo abitante in una società industrializzata e fornito di strumenti elettronici a larga diffusione domestica (televisione, computer) è superiore a quella accumulata in un anno dalle generazioni immediatamente precedenti la rivoluzione informazionale. Questo insieme di sviluppi tecnologici, di linguaggi comunicativi, di dinamiche sociali solo in parte prevedibili configurano insomma la cybercultura come una nuova era mediatica. Lo spazio di Internet, la più visibile manifestazione dell'universo cyber, non ha confini, manca di unità e stabilità. Internet è il primo medium insieme orale e scritto, privato e pubblico, individuale e collettivo. Un vero e proprio sistema culturale bisognoso di regolazione e di strumenti di tutela della privacy, del diritto di accesso e della libertà di espressione. Ma anche un sistema che realizza per la prima volta il moto perpetuo, ben al di là della profezia di H. M. McLuhan e del suo villaggio globale, che rappresentava ancora soltanto una comunità telecomunicativa. La cybercultura espone a un impatto dagli esiti imprevedibili culture che hanno velocità molto differenti. Il locale e il globale si sovrappongono dando origine a una dimensione comunicativa e sociale che ha smarrito le coordinate spaziali e temporali che l'umanità aveva elaborato e trasmesso nell'arco di millenni. Ma l'essenza del cyber è proprio in questa capacità di unificare mondi distinti, sino a saldare il mondo del fantastico con quello del possibile. Il campo degli studi sulla cybercultura, oltre agli argomenti sopra esposti, esamina le comunità che emergono all'interno di spazi cablati sostenuti dall'uso della moderna tecnologia. Gli studenti di cybercultura affrontano dibattiti su temi di sociologia, politica, filosofia, e psicologia emersi dall'interazione attraverso i network di esseri umani con altri esseri umani che agiscono all'interno di relazioni con la tecnologia dell'informazione e la scienza. Gli studi sulla cybercultura si sono sviluppati in numerose istituzioni educative, come la European Graduate School, una delle più importanti, poiché le sue facoltà accolgono ricercatori e docenti che hanno lavorato in ambiti di pensiero strettamente correlati. Tra i teorici e critici che hanno prodotto lavori di rilievo riguardanti la cybercultura si segnalano Donna Haraway, Manuel de Landa, Gregory Ulmer, J. Baudrillard.