privacy

Indice

Lessico

s. inglese (da private, privato) usato in italiano come sf. Vita privata; intimità personale: ognuno ha diritto alla sua privacy.

Diritto

Con la firma della Convenzione n. 108 sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale, adottata a Strasburgo il 28 gennaio 1981 e ratificata in Italia con legge 21 febbraio 1989, n. 98 erano state create le basi per l'eliminazione delle frontiere all'interno dei Paesi facenti parti dell'Unione Europea. Presupposto per l'attuazione di detta convenzione era l'esistenza di una normativa nazionale che fosse omogenea a quella comunitaria sul trattamento dei dati informatici personali. L'Italia si è dotata di tale normativa con l'approvazione della legge 31 dicembre 1996, n. 675 la quale garantisce che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali, nonché della dignità delle persone fisiche, con particolare riferimento alla riservatezza e alla identità personale; garantisce altresì i diritti delle persone giuridiche e di ogni altro ente o associazione. Ciò significa, in concreto, che qualunque cittadino ha diritto di accedere alle informazioni che lo riguardano contenute in ogni genere di banca dati (pubblica o privata). Informazioni errate, incomplete o elaborate illecitamente – soprattutto perché prive di autorizzazione al loro trattamento da parte degli interessati – possono essere cancellate, aggiornate o corrette a semplice richiesta del cittadino. Questi ha anche il diritto di opporsi all'uso delle informazioni che lo riguardano se esso ha una prevalente finalità commerciale. Con l'istituzione della figura di un Garante del diritto alla privacy, il Parlamento italiano ha individuato il destinatario di specifiche richieste provenienti dai cittadini e relative alle informazioni raccolte su di loro. Il Garante, ad esempio, è autorizzato a comunicare agli interessati che ne facciano domanda se presso gli archivi del ministero degli Interni, dei servizi di sicurezza o dell'Antimafia esistano informazioni che li riguardano e se esse sono state raccolte con le prescritte “completezza, esattezza, liceità e correttezza”. Nei fatti, queste regole comportano una quantità di pratiche attuative che rinviano al rapporto fra le tecnologie, le loro finalità sociali e gli strumenti pubblici di controllo e gestione dell'informazione. Si pensi soltanto alle misure di sicurezza da adottare per garantire la qualità dei dati, l'impossibilità di una loro manipolazione dolosa o, viceversa, di un loro danneggiamento accidentale. Un altro delicato argomento è quello che riguarda le informazioni relative alla sfera della salute, della vita sessuale o delle opinioni politiche e religiose, delle affiliazioni a società o sindacati, che possono essere raccolte solo con l'esplicito consenso del cittadino e previa autorizzazione del Garante. È in questa prospettiva, fra l'altro, che all'atto dell'approvazione della legge n. 675 il Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti è stato sollecitato dal Garante a dotarsi di un rigoroso codice deontologico, capace di assicurare la privacy dei cittadini senza compromettere la specifica attività professionale degli operatori dell'informazione. La legge sulla privacy ha subito negli anni successivi alla sua approvazione numerosi interventi di puntualizzazione e correzione resi necessari soprattutto dalla complessità degli adempimenti normativi e dalla rigidità del testo originario. Il decreto legislativo 28 dicembre 2001, n. 467 ha introdotto un'importante novità nella struttura della legge del 1996: la categoria dei dati cosiddetti “semi-sensibili”, dati che possono essere trattati senza la specifica autorizzazione del Garante ma sempre nel rispetto di misure e accorgimenti a garanzia dell'interessato. Negli altri Paesi europei la materia è regolata sulla base di normative diverse, anche se si manifesta un impegno crescente delle istituzioni comunitarie per uniformare le produzioni legislative nazionali, soprattutto allo scopo di garantire lo sviluppo del cosiddetto “spazio comune europeo” e di non ledere le norme sulla libera circolazione, discendenti dagli accordi di Schengen. Le norme adottate da Francia, Germania e Stati Uniti – e, in buona parte, riprese nella legge italiana del 1996 – si concentrano maggiormente sulla definizione di “cornici di garanzia” abbastanza rigorose da contrastare le tecnologie informatiche, ma anche abbastanza flessibili da consentire senza drastici stravolgimenti legali il progressivo adeguamento delle norme agli sviluppi prevedibili delle risorse info-telematiche. Da un lato, si tratta di predisporre strumenti giuridici rigorosi che mettano al riparo i grandi sistemi di raccolta dati dalle operazioni dei pirati telematici (hacker); in questo caso, il problema non riguarda soltanto la privacy dei cittadini, ma i loro diritti economici (si pensi soltanto alla possibilità di incursioni dolose nelle reti di intermediazione finanziaria e nelle borse on line). Da un altro, si cerca di agire sul terreno delicato della difesa della morale pubblica, come nel caso dell'offerta pornografica via Internet (anche questa è considerata, in linea di principio, una possibile violazione della privacy del cittadino). A livello comunitario la normativa in materia di privacy si è completata con le direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 95/46/CE del 24 ottobre 1995 e 97/66/CE del 15 dicembre 1997, con il regolamento n. 45/2001 del 18 dicembre 2000 (concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati) e con la decisione della Commissione 2002/16/CE del 27 dicembre 2001, relativa alle clausole contrattuali tipo per il trasferimento di dati personali a incaricati del trattamento residenti in paesi terzi.

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