cromoterapìa
sf. [dal greco chróma, colore+terapia]. Terapia della medicina alternativa basata sul presupposto che la malattia sia determinata da uno squilibrio energetico all'interno del corpo, risolvibile con l'ausilio dei colori. L'organismo assorbirebbe le componenti elettromagnetiche della luce per poi emetterle sotto forma di aura, secondo una teoria formulata nel testo di riferimento della disciplina, The Spectro Chrometry Encyclopedia (1933) dello scienziato indù Dinshah Ghadiali. La malattia si manifesterebbe quindi come carenza di uno o più colori, per ovviare alla quale sarebbe sufficiente somministrare luce delle lunghezze d'onda mancanti. Poiché esistono varie scuole di pensiero, i cromoterapeuti si rifanno a sistemi diversi per giungere a una diagnosi: c'è chi sostiene di percepire l'aura che circonda le persone, chi per visualizzarla fa ricorso alla fotografia Kirlian e chi procede alla raccolta dell'anamnesi; alcuni ritengono poi che il paziente stesso sappia per istinto che cosa gli serve per conservare l'armonia interiore e si orienti quindi spontaneamente verso i colori per lui più benefici, scegliendoli in una scala di otto opzioni. Le sedute consistono perlopiù nell'esporre il soggetto disteso a un bagno di luce del colore principale più opportuno, seguito da un più breve irraggiamento del suo complementare. I benefici del trattamento potranno essere prolungati a casa propria, bevendo regolarmente acqua conservata in contenitori della tinta più adatta (cura dell’arcobaleno) o praticando un tipo particolare di meditazione, consistente nell'immaginare di assorbire ed espellere alcuni colori (respirazione del colore). In realtà, anche se è stato riconosciuto l'influsso della cromoterapia sulla mente e sullo spirito, non è provato sia in grado di curare disturbi organici.