àura

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sf. lett. [sec. XIII; dal greco áura, tramite il latino aura].

1) Aria; vento leggero, brezza: “Un'aura dolce... mi ferìa per la fronte” (Dante). Estensivamente, soffio vitale, spirito; alito, respiro: aure vitali, l'aria in quanto mezzo indispensabile di sopravvivenza; “Ne' languidi pensier dell'infelice / scendi... / aura consolatrice” (Manzoni). Anche personificazione del vento leggero. Le Aurae sono raffigurate su rilievi greci e romani, su vasi e su monete, come giovani donne dai manti svolazzanti. Fig., atmosfera particolare, sensazione diffusa; aspetto, espressione: “Una grand'aura di morte si stese in quella città” (Panzini). Aura poetica, tono particolare di certa narrativa contemporanea fondata sulla suggestione evocativa (attraverso allusioni simboliche, associazioni memoriali e simili) piuttosto che sulla descrizione realistica: “un'aura avventurosa e sfrontata” (Alvaro).

2) Per estensione, favore, credito (specialmente con riferimento alla sua aleatoria precarietà): aura popolare.

3) Segno premonitore della crisi epilettica, che si manifesta con modalità particolari a seconda dell'individuo. Si parla di aure sensitive (sensazioni a carico di varie modalità sensoriali), vegetative (sudorazione, contrazioni gastriche, ecc.), motorie (movimenti localizzati a qualche segmento corporeo o generalizzati), psichiche (stati d'angoscia, allucinazioni); vedi epilessia.

4) Secondo le teorie occultistiche, radiazione emanata dal corpo umano che sarebbe percepita da alcuni chiaroveggenti.

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