catarsi
Indicesf. [dal greco kátharsis, da katháirō, purificare].
1) In senso generale, purificazione.
2) In psicanalisi il termine fu introdotto da J. Breuer per indicare un metodo terapeutico mediante il quale il soggetto veniva portato a rivivere emotivamente un trauma psichico passato e ormai dimenticato a livello cosciente, ma che, operando ancora a livello inconscio, era causa di disturbi psichici. La catarsi veniva indotta da Breuer mediante ipnosi: attraverso un'adeguata scarica degli affetti patogeni, si otteneva la guarigione del paziente. In un primo periodo questo metodo venne realizzato in collaborazione con Freud, che in seguito lo abbandonò per sostituirlo con il metodo psicanalitico.
3) Lett., con valore più generico, purificazione spirituale, riscatto: la sventura ha determinato la catarsi dell'eroe. § Nel campo religioso, il concetto è antichissimo e appartiene al fondo culturale mediterraneo-greco, nel quale esclude ogni significato etico e si oggettiva nel campo magico come elemento purificatore da ogni impurità materiale. Mezzi di purificazione sono l'acqua, il fuoco e il sangue: in questo significato troviamo la catarsi largamente usata dai fedeli che affluivano al santuario di Delfi. Sarà invece l'orfismo a liberare la catarsi dal suo dato materiale e a innalzarla al significato di purificazione spirituale facendole varcare le soglie dell'oltretomba. Nella storia del pensiero il termine è stato usato in accezioni diverse: medica, estetica, etica e metafisica. Presso i pitagorici il concetto di catarsi definiva un'esperienza globale, giacché indicava l'esito fondamentale della vita morale e religiosa. Aristotele, invece, restringe l'uso del termine al campo dell'esperienza estetica: quella, più propriamente, che si realizza assistendo alla tragedia, suscitatrice di sentimenti di pietà e di terrore e perciò capace di purificare l'animo degli spettatori da tali passioni. In epoca moderna il termine catarsi si può ritrovare nell'estetica di Schiller, il quale giudicava l'arte capace di liberare l'uomo, conciliando il sensibile e il razionale, dalle costrizioni del mondo fisico (cioè dalla natura intesa nella sua esteriorità).