Vrchlický, Jaroslav
pseudonimo del poeta ceco Emil Frída (Louny, Boemia, 1853-Domažlice 1912). Massimo rappresentante dell'orientamento cosmopolita, fu narratore, autore teatrale, critico letterario, traduttore, ma fu soprattutto un fecondissimo poeta lirico ed epico. Scrisse infatti un'ottantina di libri di poesia in cui sperimentò una straordinaria varietà di forme metriche, prediligendo il tono enfatico, talvolta scopertamente patetico e retorico, nell'intento di dare al popolo ceco una poesia rappresentativa. In tutta una serie di composizioni epiche tentò di tracciare, sulle orme di V. Hugo, la storia della propria nazione e dell'intera umanità secondo le teorie evoluzionistiche. A questo gruppo di opere, spesso appesantite da digressioni filosofiche, appartengono Lo spirito e il mondo (1878), Miti (1879 e 1902), Hilarion (1882), Frammenti di epopea (1886), L'eredità di Tantalo (1888), Breviario dell'uomo moderno (1892), Macchie solari (1897), Canto su Vineta (1906). Le esperienze interiori di V. si dispiegano su un'ampia gamma di sentimenti, dall'ardore della passione amorosa alla quiete dell'intimità familiare, dal rimpianto per la perduta giovinezza alla gioia di vivere. Tutto questo si riflette in Un anno nel Sud (1875), Ecloghe e canti (1880), Impressioni e capricci (1880), È morta (1889), La mia sonata (1893), Finestre nella tempesta (1894), L'albero della vita (1909). Di minor rilievo sono i racconti e il romanzo I burattini (1908); gustose le commedie Una notte a Karlštejn (1884), La corte dell'amore (1886), La ragazza del rabbino (1886). Da ricordare, accanto ai molti scritti teorici e storico-letterari di Vrchlický, le innumerevoli traduzioni, specie dalle letterature romanze, che aprirono nuove prospettive alla letteratura ceca.