Verhaeren, Émile

poeta belga di lingua francese (Saint-Amands, Anversa, 1855-Rouen 1916). Partecipò all'intenso risveglio culturale belga del 1880 intorno alla rivista La Jeune Belgique ed esordì con un'opera naturalistica, Les Flamandes (1883; Le Fiamminghe). Nelle tre raccolte successive a Les moines (1886; I monaci) – Le soir (1887; La sera), Les débâcles (1888; Le disfatte), Les flaumbeaux noirs (1900; Le fiaccole nere) – risuona l'eco di una crisi che lo portò quasi alla follia. Ritrovò se stesso nell'impegno sociale e nell'evocazione dell'intensità febbrile delle città industriali e del mondo moderno, simboli di progresso e di speranza. Trovò nel “verso libero” un adeguato strumento espressivo, riconfermando così i legami col simbolismo. Dopo la trilogia socialista di Les campagnes hallucinées (1893; Le campagne allucinate), Les villages illusoires (1895; I villaggi illusori), Les villes tentaculaires (1895; Le città tentacolari), le opere più significative furono Les forces tumultueuses (1902; Le forze tumultuose), La multiple splendeur (1906; Il multiplo splendore) e, dedicate alla Fiandra natia, Toute la Flandre (1904-11). A una vena più intimistica appartengono Les heures de l'après-midi (1905; Le ore del pomeriggio) e Les heures du soir (1911; Le ore della sera). Non reggono la scena i drammi, tra cui Le cloître (1900; Il chiostro) ed Hélène de Sparte (1912). Postuma è apparsa la raccolta Les flammes hautes (1917; Le fiamme alte).

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