Valera y Alcalá Galiano, Juan
narratore spagnolo (Cabra, Cordova, 1824-Madrid 1905). Di nobile famiglia andalusa e laureato in diritto (1846), prese parte alla vita politica spagnola per cinquant'anni: fu ambasciatore (a Lisbona, Rio de Janeiro, Dresda, Pietroburgo, Francoforte, Washington, Bruxelles, Vienna), deputato (1856), sottosegretario di Stato (1868), senatore a vita (1881). In possesso di una profonda cultura umanistica e cosmopolita, lasciò una vasta produzione – romanzi, racconti, saggi filosofici, letterari e di critica storica, lavori teatrali – in cui si riflettono un vivace e acuto spirito di osservazione, una straordinaria ricchezza di interessi, ma anche un elegante distacco un po' ironico e un aristocratico scetticismo. Romanziere tra i più importanti della Spagna dell'Ottocento, soltanto nel 1874 pubblicò il suo primo e più celebre romanzo, Pepita Jiménez, notevole esempio di ricostruzione “dall'interno” di un'esperienza umana. Negli anni successivi scrisse, in uno stile impeccabile, gli altri sette romanzi: Las ilusiones del doctor Faustino (1875), analisi fin troppo sottile di una frustrazione giovanile, El comendador Mendoza (1877), velatamente autobiografico, che si impone per la verità umana dei personaggi, Pasarse de listo (1878), Doña Luz (1879), in cui è ripresa con maggiore profondità psicologica la situazione di Pepita Jiménez, Juanita la larga (1895), il più realistico, pur se non trascura lo studio della vita interiore dei personaggi, Genio y figura (1897) e Morsamor (1899), penetranti studi di caratteri e di costumi. Nei romanzi Valera espresse la propria visione idealizzata della realtà, rifuggendo volutamente dall'ambientazione storica e sociale: la sua Andalusia non ha nulla di folcloristico ma è al di fuori del tempo, concepita come luogo ideale per la nascita di impulsi genuini e di passioni misurate, dove non trova posto la dimensione tragica del dolore. Notevole anche l'opera saggistica, raccolta nei volumi Estudios críticos sobre literatura (1864) e Disertaciones y juicios literarios (1878). Interessante inoltre il ricchissimo epistolario, forse la miglior prova del finissimo stile di Valera, mentre meno riuscite sono le opere teatrali, più adatte alla lettura che alla rappresentazione.