Rocha, Glauber
regista cinematografico brasiliano (Vitória da Conquista, Bahia, 1939-Rio de Janeiro 1981). Impose negli anni Sessanta, sul piano internazionale e anche in patria, il cinema nôvo del quale è stato il più alto esponente. Dopo l'esordio di Barravento (1962) sui temi dell'arretratezza e della superstizione, e il polemico libro Revisione critica del cinema brasiliano (1962), con Il dio nero e il diavolo biondo (1964), uno dei film più importanti del giovane cinema mondiale, mise a fuoco i problemi politici profondi del Brasile e le ragioni del suo sottosviluppo, unendo la verità della sintesi storico-mitico-sociale all'immaginazione tipica del tessuto culturale-popolare del Paese, e al messaggio ideologico quello poetico, secondo la duplice concomitante prospettiva, da lui illustrata (nel 1965-66) in celebri formulazioni, di una “cultura della fame” e di “un'estetica della violenza”, la seconda derivante dalla prima. Affrontò poi con scottante problematicità, in un'opera accesamente simbolica quanto vigorosamente dialettica, Terra em transe (1967), le contraddizioni e la crisi degli intellettuali di sinistra di fronte all'evolversi in senso reazionario della situazione nazionale; mentre in Antônio das Mortes (1968), facendo rivivere uno dei suoi personaggi e guidandolo a un'aperta presa di coscienza, lasciò un congedo di lotta al suo popolo, da cui era costretto a staccarsi. Nell'esilio di cineasta “tricontinentale”, dolorosamente strappato alle sue radici, tentò con Il leone a sette teste (1970) e con Cabezas cortadas (1971) nuove vie espressive e nuove metafore rivoluzionarie, dove la minore eccellenza dei risultati (specie nel secondo) non incrina né la fedeltà agli ideali, né la coerenza di un discorso allargatosi ormai all'intero Terzo Mondo. I suoi ultimi titoli sono O cancer (1968-72), Tatu Bola (1972, in collaborazione), Claro (1974), Historia do Brasil (1975), A edade da terra (1980). Nel 1976 era tornato in Brasile.