Pàolo Uccèllo

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nome con cui è noto il pittore italiano Paolo di Dono (Pratovecchio 1397-Firenze 1475). Nel 1407 fu tra gli aiuti del Ghiberti per la prima porta del Battistero di Firenze, ma la sua formazione rimane oscura: è probabile un rapporto con lo Starnina (per cui gli si è anche attribuito il famoso ciclo della Tebaide degli Uffizi). Nel 1425 Paolo Uccello lavorò come mosaicista in S. Marco a Venezia (opere perdute) e non è improbabile che la lontananza da Firenze, mentre vi si affermavano i principi teorici del Rinascimento, sia alla base della posizione particolare, eterodossa e sperimentale, del pittore. Tornato a Firenze nel 1430, diede una prima misura di sé negli affreschi con Storie della Creazione nel chiostro verde di S. Maria Novella, dove è ancora sensibile l'influsso del Ghiberti, e lasciò il primo compiuto capolavoro nell'affresco a monocromo del Monumento equestre di Giovanni Acuto (1436; duomo). L'opera è esempio altissimo dell'impegno con cui Paolo Uccello affrontò la risoluzione prospettica dello spazio, e insieme della sua libertà di ricerca rispetto al metodo scientifico brunelleschiano, come appare in altre opere dello stesso periodo (affreschi con Storie di santi monaci nel loggiato superiore del chiostro di S. Miniato al Monte, staccati e restaurati nel 1969, con interessanti sinopie; decorazione dell'orologio del duomo fiorentino, del 1443, con poderose teste di profeti). Nel 1445 Paolo Uccello fu a Padova, dove lasciò, nel ciclo di affreschi di personaggi illustri in palazzo Vitaliani (ora scomparso) un modello destinato a esercitare un grande influsso in ambiente settentrionale, e in particolare sul giovane Mantegna. Segue una serie di capolavori fiorentini: gli affreschi con Storie del Diluvio e di Noè nel chiostro verde di S. Maria Novella (1447-48); la Natività di S. Martino alla Scala (ca. 1446, oggi agli Uffizi) la cui sinopia singolarissima testimonia delle ricerche del pittore sul problema della resa prospettica della visione binoculare; i tre pannelli celebranti la Battaglia di S. Romano (ca. 1456) per palazzo Medici (ora divisi tra gli Uffizi, il Louvre e la National Gallery di Londra), massima espressione del genio visionario di Paolo. Queste opere chiariscono la particolarissima posizione di Paolo Uccello nell'ambito del Rinascimento fiorentino: la sua arte, insieme nuovissima e intrisa di nostalgie tardogotiche, intellettualistica e ingenua, scientifica e fantastica, non poteva essere sentita che come eterodossa e marginale rispetto agli sviluppi del razionalismo rinascimentale (di questa eterodossia appare esemplare un'opera come il San Giorgio e il drago del 1456 ca., ora a Londra, National Gallery con altra versione al Musée Jacquemart-André di Parigi). Nella produzione tarda, in cui questi aspetti si accentuano, sottolineando l'isolamento dell'artista, sono da ricordare la deliziosa predella con Storia della profanazione dell'ostia consacrata (1469; Urbino, Galleria Nazionale delle Marche), eseguita a Urbino, dove l'artista si era recato nel 1465, e la Caccia del Museo di Oxford, ultima affascinante favola poetica di questo singolare narratore. "Per approfondire Vedi Gedea Arte vol. 5 pp 178-186" "Per approfondire Vedi Gedea Arte vol. 5 pp 178-186"

E. Sindona, Paolo Uccello, Milano, 1957; P. D'Ancona, Paolo Uccello, Milano, 1959; J. Pope Hennessy, Paolo Uccello. Complete Edition, Londra-New York, 1969; L. Tongiorgi Tomasi, L'opera completa di Paolo Uccello, Milano, 1971; A. Padoa Rizzo, Paolo Uccello, Firenze, 1991.

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