Pontano, Giovanni o Gioviano

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Biografia

Umanista e poeta italiano (Cerreto di Spoleto 1429-Napoli 1503). Allievo a Perugia del grammatico Guido Vannucci, si fece notare con una raccolta di poesie latine di argomento erotico e di stile catulliano. Divenuto familiare di Alfonso V di Aragona, lo seguì a Napoli, dove gli venne affidata l'educazione dei due principi, Alfonso, figlio di Ferdinando I, e Carlo di Navarra, e dove strinse amicizia con alcuni umanisti e specialmente con Antonio Beccadelli il Panormita, che lo introdusse nell'accademia napoletana di cui Pontano assunse in seguito la direzione e alla quale diede il proprio nome. Nel frattempo il poeta ricopriva incarichi diplomatici ed entrava a far parte della cancelleria regia. Sotto Ferdinando I d'Aragona (1458-94) il suo prestigio si accrebbe ancora: da commissario di campo alla battaglia di Troia (1462) a promagistro camerario, a luogotenente del protonotario, a regio segretario, a consigliere del re, dopo la Congiura dei baroniPontano divenne uno degli uomini politici più in vista del Regno di Napoli. Dopo aver tentato invano di scongiurare la minaccia della spedizione francese contro Napoli e dopo l'esilio del giovane re Ferdinando II (1495), trasmise i poteri del regno a Carlo VIII e concluse così la sua carriera politica.

Le opere

Vastissima è la produzione di Pontano come scrittore e come poeta. Tra le opere in prosa: i Dialoghi (Charon, 1467; Antonius; Asinus, 1488; Actius; Aegidius, 1501); i trattati morali (De prudentia, De fortitudine, De fortuna, De liberalitate, De beneficentia, ecc.), politici (De principe), astrologici (De rebus coelestibus) nei quali appaiono i tratti caratteristici dell'umanesimo di Pontano: un oraziano distacco dalla follia del mondo, la concezione attiva della vita e il senso classico di essa, che Pontano attuò polemizzando contro l'ignoranza, la superstizione, i pedanti, i politici; il bisogno di ricostituire un'organica cultura, al di là degli schematismi e delle pedanterie erudite, sulle basi sicure di Aristotele e Cicerone. Ma Pontano amò più di tutto la poesia e in essa lasciò il segno inconfondibile di una cultura e di una sensibilità raffinata, educata sui classici ma aderente allo stesso tempo alla realtà, attenta a tutti gli aspetti della vita. Scrisse egloghe e raccolte di poesie (Amores, 1455-58; Hendecasyllabi sive Baiae, 1490-1500, che canta l'atmosfera festosa dei bagni di Baia; Iambici, per la morte del figlio Lucio; Tumuli, che raccoglie epitaffi per Ariadna – il nome con cui canta la moglie morta Adriana – e per il figlio Lucio), il poemetto Lepidina, i poemi di carattere astrologico Urania (1476) e Meteorum Liber, l'opera didascalica De Hortis Hesperidum. Ma il suo capolavoro è forse il poema De amore coniugali, in cui Pontano canta le gioie della vita familiare: famose le dodici Neniae, scritte per il figlio Lucio. Nell'opera di Pontano la varietà dei temi, che trascorre da un'idillica contemplazione naturalistica a un'inquieta riflessione sulla vita e sulla morte, si compone in un classico equilibrio, grazie anche all'uso di un latino che si fa strumento d'espressione naturale e persuasivo.

Bibliografia

M. De Nichilo, I Problemi astrologici di Giovanni Pontano, Bari, 1975; G. Ferrari, Pontano critico, Messina, 1983; G. Parenti, Poeta proteus alter, Firenze, 1985; R. Cappelletto, Lectura Plauti del Pontano, Urbino, 1989.

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