Poesìa e non poesìa
opera di B. Croce, pubblicata nel 1923. Definita dal Russo “il libro più affascinante del Croce”, conclude la prima fase della critica del filosofo abruzzese. Risulta di 25 saggi sui poeti e gli scrittori dell'Ottocento europeo e vi si ritrova un Croce stringato e incisivo felicemente alieno da digressioni metodologiche e da prolegomeni di critica della critica, e concentrato unicamente nella rigorosa e non meccanica distinzione della poesia dalla non poesia. Infelice e non persuasivo è tuttavia, ormai per comune ammissione, il saggio su Leopardi, viziato da una radicale ripugnanza verso l'ideologia del grande recanatese, considerata come l'inevitabile conseguenza di un “ingorgo sentimentale”, e da una sordità nei riguardi degli aspetti riflessivi e polemici della poesia leopardiana, sbrigativamente analizzata con sensibilità impressionistica. In accordo con la coscienza critica del primo Novecento, Croce sopravvaluta Ibsen e definisce Flaubert “erotomane” e “mistico” pur apprezzandone la dottrina estetica. Anche il saggio su Baudelaire, tra i più riusciti dell'opera, è prevalentemente imperniato sull'analisi delle idee a scapito della valutazione più propriamente letteraria.