Ploaghe
Indicecomune in provincia di Sassari (22 km), 425 m s.m., 96,08 km², 4816 ab. (ploaghesi), patrono: san Pietro Martire (29 giugno).
Centro situato sul pendio sudoccidentale del vulcano spento di San Michele. Importante insediamento romano, semidistrutto dalle invasioni barbariche (sec. V), nel Medioevo fece parte della curatoria di Florinas, compresa nel Giudicato di Torres (sec. XI), e nel 1090 divenne sede di diocesi. Passato ai Doria nella seconda metà del Duecento e cresciuto d'importanza grazie alla vicina abbazia dei Vallombrosani, fu conteso fra i Doria, i Malaspina, gli Arborensi e gli Aragonesi. Conquistato da questi ultimi, divenne il centro di una vasta baronia (1420), data in feudo a Serafino de Montagnana. Sotto la dominazione aragonese e spagnola iniziò a decadere: l'abbazia fu abbandonata e nel 1525 fu soppressa anche la diocesi.§ La parrocchiale barocca di San Pietro, a tre navate, è fiancheggiata a sinistra dal recinto dell'antico cimitero (dove sono alcune lapidi funerarie in lingua logudorese) con l'oratorio del Rosario (sec. XVII), e a destra dall'oratorio di Santa Croce. L'attigua canonica e il Palazzo Comunale ospitano tele provenienti dalla raccolta dell'archeologo e filologo ploaghese Giovanni Spano (1803-1878), fra cui spicca la Sacra Famiglia del Maestro di Ozieri (sec. XVI).§ L'agricoltura produce cereali, foraggi, ortaggi e uva da vino (cannonau di Sardegna DOC); si allevano ovini, bovini e suini. Piccole industrie operano nei settori alimentare (soprattutto pasta e insaccati) e dei materiali da costruzione. È fiorente l'artigianato dei tappeti.§ Nei dintorni sono i resti dell'abbazia dei Vallombrosani, con la chiesa in stile romanico pisano di San Michele di Salvenero, a croce latina con tre absidi, a una navata. Eretta nel 1110-30, ripresa all'inizio del Duecento, fu restaurata nel 1912. Non lontano sorge la chiesetta di Sant'Antonio di Salvenero, con paramento a fasce bianche e rosse, costruita nel 1220-25 e rimaneggiata in epoca aragonese.