Partito Democràtico della Sinistra
(PDS), fondato nel 1991 a Rimini quando con il XX Congresso il PCI, nato dalla storica scissione di Livorno del 1921, decideva di sciogliersi. Pur rivendicando le sue radici storiche, il partito “della quercia”, così ribattezzato per il simbolo adottato, poneva alla base della sua nascita un progetto di rinnovamento che favorisse una riaggregazione delle forze di sinistra italiane. Il suo segretario A. Occhetto si trovava così a pilotare un partito nuovo, disancorato dalle vecchie certezze e che, pur non abbandonando la tradizionale attenzione ai problemi del mondo del lavoro, poneva al centro della sua iniziativa le riforme istituzionali per avviare un meccanismo di ricambio politico in grado di favorire il risanamento economico e morale del Paese. Una forte accentuazione si registrava anche verso le tematiche emerse alla fine degli anni Ottanta: la pace, il rapporto Nord-Sud, i problemi del governo mondiale. Ciò avveniva, però, in una fase della vita politica italiana contrassegnata da profonde lacerazioni e nell'imminenza di una competizione elettorale dall'esito incerto per le stesse future sorti del PDS. In questo quadro il risultato ottenuto alle elezioni del 1992 (16,1% alla Camera e 17,1 al Senato), anche se di molto inferiore ai traguardi raggiunti dal PCI nelle precedenti consultazioni, veniva accolto con soddisfazione dal nuovo partito che si confermava nel ruolo di maggior forza nel panorama della sinistra italiana. Nel settembre dello stesso anno il PDS entrava a far parte dell'Internazionale socialista. In seguito agli esiti delle elezioni politiche del marzo 1994, che videro il trionfo di Forza Italia, e dopo le europee del giugno dello stesso anno, il leader pidiessino A. Occhetto si dimetteva (13 giugno 1994). Con M. D'Alema, eletto segretario il 2 luglio, iniziava la ricerca di un dialogo tra il partito e i democratici moderati per contrastare la destra. Tale orientamento portava, nel dicembre 1994, alla mozione di sfiducia al governo Berlusconi e all'appoggio del successivo governo Dini. Nelle amministrative dell'aprile-maggio 1995 questa scelta era premiata dagli elettori, che assegnavano la vittoria allo schieramento di centro-sinistra: il PDS, conquistando il 25% dei voti, diveniva la prima forza politica italiana. In giugno il PDS veniva invece sconfitto nei cosiddetti referendum “televisivi” promossi dalla sinistra per ridimensionare la Fininvest di Berlusconi. Nel luglio 1995 il congresso programmatico di Roma approvava il progetto di un'alleanza organica (elettorale e di governo) tra PDS e le altre forze politiche della sinistra e del centro-sinistra. In seguito alle dimissioni del governo Dini, il PDS si presentava alle elezioni dell'aprile 1996 unito al Partito Popolare, ai Verdi e allo stesso Dini nella coalizione dell'Ulivo. La vittoria elettorale dell'Ulivo (di cui il PDS, con oltre il 20% dei voti, risultava la forza politica di maggior consistenza) portava alla nascita, in maggio, del governo di centro-sinistra presieduto da R. Prodi, di cui entravano a far parte, per la prima volta, esponenti pidiessini di primo piano come il nuovo vice-presidente del Consiglio e nuovo ministro dei Beni Culturali W. Veltroni. Nel febbraio 1998 il PDS, unitamente a laburisti, sinistra repubblicana, comunisti unitari e cristiano sociali, entrava a far parte di una nuova formazione politica, i Democratici di Sinistra.