Oxford, Scuòla di-
denominazione di un gruppo di filosofi le cui teorie nella seconda metà del Novecento si sono sviluppate in un ambiente permeato di cultura classica, influenzato dalle pagine di Moore e di Cook Wilson, in aderenza al pensiero del secondo Wittgenstein, che al classicismo e alla filologia sostituì lo studio del linguaggio comune, inteso come descrizione degli usi quotidiani al fine di stabilire l'ambito di validità e la collocazione propria dei vari tipi di enunciato. Scopo di questa analisi era anzitutto l'eliminazione di quelle affermazioni (tipiche della filosofia tradizionale) che nascono solo da inavvertite trasgressioni dell'uso linguistico. Iniziatore fu G. Ryle, che propose un tipo di conoscenza non centrato sul teorizzare (conoscere che), ma sul conoscere come condursi di fronte a un'operazione da effettuare, ciò che è attuabile anzitutto determinando la posizione dei concetti nell'universo concettuale, quasi fossero punti su una carta geografica. Appartengono alla Scuola di Oxford: J. L. Austin, S. E. Toulmin, P. F. Strawson e F. Waismann.