Lenau, Nikolaus
pseudonimo del poeta austriaco N. Niembsch von Strehlenau (Csatàd, Ungheria, 1802-Vienna 1850). Di sangue tedesco-ungherese, entrò nel circolo viennese di Grillparzer, Feuchtersleben, Grün. Una cospicua rendita gli permise di dedicarsi al violino e alla poesia. Nel 1831 passò a Stoccarda e si accostò ai poeti della scuola sveva. Nel 1832 si recò negli Stati Uniti sognando di cambiare vita: ebbe vari amori infelici e nel 1844 fu rinchiuso temporaneamente in manicomio. Lirico originalissimo, lo si suole accostare a Byron per i suoi accenti di dolore cosmico, ma condivide ipocondria e lacerazione psicologica con molti altri scrittori dell'età della Restaurazione. La natura, da lui sentita in modo squisitamente romantico, acquista nei Schilflieder (1832; Canti del canneto) e nei Waldlieder (1843; Canti del bosco) tinte languide e fosche e si popola di creature esotiche, zingari, ussari e masnadieri, sprezzanti della vita ma capaci di godere. La figura della madre, essenziale nella vita di Lenau e non estranea alla sua tortuosa religiosità, domina in un ciclo di tragici sonetti che servono da chiave interpretativa per i poemetti Faust (1836) e Don Juan (1844), i cui protagonisti, antitetici, si completano nella comune disperazione e noia di vivere. Assai minori sono i poemetti storici Savonarola (1837) e Die Albigenser (1842; Gli Albigesi).