Lazzarétti, Dàvide

riformatore religioso e sociale (Arcidosso, Grosseto, 1834-1878). Barrocciaio e padre di famiglia, a 34 anni si ritirò a fare vita eremitica sull'Amiata; sceso poco dopo, diede inizio a un movimento religioso in cui si mescolavano motivi che si richiamavano al vangelo primitivo, accenti millenaristici e spunti di comunismo contadino. Preceduto da una fama di “profeta” e di “santo”, raccolse attorno a sé molti seguaci, specialmente fra i contadini, che organizzò in una comunistica “società della famiglia cristiana”. Il movimento destò la diffidenza dei proprietari agrari e delle autorità civili per i suoi accenni a una “repubblica del regno di Dio” e Lazzaretti fu più volte imprigionato. Nel 1878 la Chiesa lo condannò per gli spunti ereticali delle sue dottrine e per la sua pretesa d'incarnare il secondo Messia. Mentre scendeva in processione dal monte Labbro fu preso dai carabinieri e fucilato assieme ad alcuni suoi seguaci. Il movimento gli sopravvisse e i suoi seguaci sono noti con il nome di “giurisdavidici”. Il suo pensiero è contenuto in varie opere, fra cui: Il risveglio dei popoli (1870) e Sogni e visioni (1871).

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