Ivanov, Vjačeslav Ivanovič
filosofo, filologo e poeta russo (Mosca 1866-Roma 1949). Allievo di V. Solovëv, insegnò dapprima a Baku e poi a Roma, dove visse a partire dal 1924 e dove si convertì al cattolicesimo nel 1926. Nelle sue opere (La religione ellenica del Dio sofferente, 1905-06; La crisi dell'umanesimo, 1918) sostenne che il superamento della crisi in cui si dibatte la filosofia contemporanea può avvenire soltanto con un atto di trascendenza che riconosca l'altro non più come oggetto, ma come un altro soggetto. Questo atto è possibile però solo sul piano dell'amore che coincide con la carità cristiana e che giustifica la mistica unione di tutti gli uomini in Dio. Come poeta appartenne, con Blok e Belyj, alla seconda generazione dei simbolisti russi. Fra i suoi libri di versi si ricordano: Astri piloti (1903), Translucidità (1904), Eros (1907), Cor ardens (1911), incentrato sulla vocazione poetica, Dolce mistero (1912), Sonetti invernali, Sonetti romani, L'uomo (1939), poema in quattro cicli. Tra le sue opere di critica si ricordano: Seguendo le stelle (1909), Solchi e limiti (1916), Corrispondenza da un angolo all'altro (1921). Scrisse inoltre due tragedie: Tantalo (1905) e Prometeo (1916).