Isgrò, Emìlio

pittore, poeta, narratore italiano (Barcellona Pozzo di Gotto 1937). Negli anni Cinquanta si è fatto conoscere con la pubblicazione del libro di poesie Fiere del Sud, cui sono seguiti L'anteguerra (1963) e Uomini e donne (1965). Dagli anni Sessanta Isgrò si è volto alla ricerca iconografica, ha abbandonato la parola quale mezzo espressivo ed ha elaborato dapprima i mezzi caratteristici della poesia visiva (Volkswagen, 1964), per poi generare una serie di “metafore per assenza”, costruite sostituendo alle immagini le loro definizioni (Jacqueline, 1965; Dittico del canarino e del cinesino, 1969). Le operazioni artistiche di Isgrò si sono collocate nell'ambito della ricerca concettuale, caratterizzate da quel gusto della provocazione intellettuale e del paradosso espressi nelle sue “cancellazioni” (tra i suoi testi “cancellati”, si ricordano in particolare quelli delle enciclopedie di Stato, dalla Treccani – progetto realizzato nel 1970 – a quelle francesi o inglesi), nelle sue Storie rosse, oppure nei cicli Kissinger, Chopin, La veglia di Bach del 1985 e in altre curiose attività grafico-concettuali. In ambito narrativo Isgrò ha sperimentato il racconto autobiografico, L'avventurosa vita di Emilio Isgrò (1974), e il romanzo, Marta De Rogatiis Johnson (1977). Successivamente con gli Agamènnuni (1983), I Cuèfori e L'Orestea di Gibellina (1984) ha operato una felice trasposizione di alcune tragedie greche nella realtà siciliana novecentesca. Del 1989 è il romanzo Polifemo, cancellazione e riscrittura della leggenda del gigante monocolo. Nel 1994 ha scritto L’asta delle ceneri e nel 1996 ha pubblicato Oratorio dei ladri. Nel 1998 ha ultimato, dopo un lavoro di quattro anni, una grande scultura alta sette metri, Seme d’arancia, che è stata situata in un piccolo giardino di pietra lavica della sua città natale. Tra le sue ultime prove letterarie ricordiamo il romanzo Autocurriculum (2017) e la raccolta di poesie Quel che resta di Dio (2019).