Gioacchino (re di Napoli)
IndiceMurat, re di Napoli (La Bastide, oggi La Bastide-Murat, 1767-Pizzo di Calabria 1815). Destinato alla carriera ecclesiastica, preferì arruolarsi nell'esercito divenendo amico e aiutante di campo di Napoleone. Partecipò alle campagne d'Italia e di Egitto mettendo in luce un leggendario coraggio; contribuì alla vittoria di Abukir (1799) e favorì il colpo di stato di Napoleone del 18 brumaio disperdendo con la sua cavalleria il Consiglio dei Cinquecento. Nominato generale di divisione e ottenuta in moglie da Napoleone sua sorella Carolina (1800), quattro anni più tardi fu nominato governatore di Parigi, maresciallo di Francia e principe dell'Impero. Nel 1808, dopo aver costretto Carlo IV di Borbone alla resa di Baiona, accettò il trono di Napoli nonostante il vivo disappunto di non aver ottenuto per sé il Regno di Spagna. Gioacchino curò quindi la riorganizzazione dell'esercito, la promulgazione del Codice napoleonico, l'incremento dei lavori pubblici, l'istruzione e l'abolizione dei privilegi feudali che favorirono la creazione di una media borghesia terriera e l'adeguazione delle strutture statali alle esigenze di una nuova società. Dopo aver partecipato alla campagna di Russia come comandante generale della cavalleria, abbandonò improvvisamente la Grande Armata in ritirata per tentare di salvare il suo regno. Fallite le trattative di pace con gli alleati, a causa delle sue pretese eccessive, accorse di nuovo a fianco di Napoleone mostrando per l'ennesima volta il suo valore a Dresda e a Lipsia (1813). Ritornato infine a Napoli, si accordò con l'Austria che gli assicurò la corona in cambio di 30.000 uomini (8-11 gennaio 1814) e marciò contro Eugenio di Beauharnais costringendolo a ritirarsi sull'Adige. Vedendosi, però, abbandonato dai nuovi alleati che preferivano evidentemente restaurare i Borboni, durante il governo dei Cento giorni tentò di sollevare all'indipendenza i patrioti italiani, pubblicò il famoso proclama di Rimini (30 marzo 1815) e dichiarò guerra all'Austria. Sconfitto a Tolentino (2 maggio 1815), si rifugiò in Provenza, cercando invano di riaccostarsi a Bonaparte; passò poi in Corsica e, raccolti alcuni seguaci, sbarcò a Pizzo di Calabria per tentare la conquista del regno. Subito catturato, fu condannato a morte e giustiziato.
Bibliografia
A. Valente, Gioacchino Murat e l'Italia meridionale, Torino, 1941; J. Lucas-Debreton, Murat, Parigi, 1944; J. Bertaut, Le ménage Murat, Parigi, 1958; J. P. Garnier, Murat, roi de Naples, Parigi, 1959; G. Aloja, L'esercito di Murat, re di Napoli, Milano, 1990.