Gàlati
IndiceStoria
(greco Galátai, latino Galătae). Popolazione di stirpe celtica, che, provenendo dalla penisola balcanica, penetrò nell'Asia Minore nel 278 a. C. Respinti da Antioco di Siria nel 270, i Galati si insediarono al centro della Bitinia, dove diedero vita alla Galazia. Inquieti e aggressivi, furono vinti nel 230 da Attalo I di Pergamo e da allora servirono come mercenari negli eserciti dei vari Stati dell'Asia Minore. Nel 189-188 i Romani invasero il loro territorio, che era diviso in tre regioni, e dopo avere per qualche tempo riconosciuta su di essi la supremazia di Eumene II di Pergamo, nel 166 li resero autonomi. Nel corso delle sue spedizioni in Oriente, dal 66 al 62 a. C., Pompeo fece re dei Galati Deiotaro. Il regno durò fino al 25 a. C., anno in cui Augusto istituì la provincia di Galazia, che man mano assorbì anche le regioni vicine. La romanizzazione della Galazia non si affermò mai: la lingua celtica vi persistette fino al sec. V d. C. Pur fedeli sempre ai Romani, ai quali continuarono a fornire valide truppe ausiliarie, i Galati conservarono a lungo i loro costumi originari, come pure le loro divinità che si assimilarono a quelle greche e frigie. Il nome di Galazia scomparve nel sec. VI.
Arte
L'arte antica ha lasciato interessanti raffigurazioni di Galati, la più nota delle quali è probabilmente la statua del Galata (o Gallo) morente (Roma, Musei Capitolini), che un tempo veniva indicata col nome di Gladiatore morente. Si tratta della copia romana di una statua di arte pergamena che faceva parte del gruppo eretto da Attalo I di Pergamo (241-197 a. C.) a ricordo della sua vittoria sui Galati. Allo stesso gruppo (che era probabilmente opera dello scultore Epigono, anche se è incerta l'identificazione del Galata morente col “trombettiere” di Epigono ricordato da Plinio), apparteneva la statua del Galata che si trafigge con la spada dopo aver ucciso la moglie, di cui rimane la copia romana nota come Gallo Ludovisi (Museo Nazionale Romano). Bellissima è la testa di Galata del Museo Greco-Romano di Alessandria d'Egitto.