Flegrèi, Campi-
Indiceregione di bassi rilievi vulcanici nella Campaniaoccidentale interamente in provincia di Napoli; si estende dal fiume Sebeto verso W (comprendendo quindi anche l'area su cui si trova Napoli) fino a Cuma e al capo Miseno: evidente prosecuzione di questo distretto vulcanico sono le isole d'Ischia, Procida e Vivara. La regione è caratterizzata da numerosi crateri vulcanici poco elevati (il rilievo più alto è il monte Camaldoli, 458 m), alcuni dei quali fortemente erosi dagli agenti atmosferici e dall'azione del mare. L'attività vulcanica, che ebbe inizio alla fine del Pliocene o all'inizio del Pleistocene, si manifestò anche in epoca storica con la formazione del Monte Nuovo, avvenuta in appena 48 ore alla fine del settembre 1538. Tuttora notevoli sono i fenomeni di vulcanesimo secondario, come la Solfatara di Pozzuoli, le sorgenti termali di Agnano e i fenomeni bradisismici (lenti innalzamenti e abbassamenti della crosta terrestre) che hanno lasciato tracce evidenti nel cosiddetto “Serapeo” di Pozzuoli. Nel settore occidentale della regione si aprono alcuni piccoli laghi, di cui i principali sono quello costiero del Fusaro e quello vulcanico di Averno. I Campi Flegrei sono di una straordinaria fertilità, favorita anche da un clima dolcissimo. Le principali risorse economiche sono l'agricoltura, che produce in prevalenza ortaggi e frutta, e le attività connesse con il turismo, la cui espansione è favorita da una buona rete stradale. I centri principali, oltre a Napoli con i suoi sobborghi, sono Pozzuoli, Baia e Bacoli, sul golfo di Pozzuoli, e Marano di Napoli, all'interno. Sono compresi nel Paco Regionale dei Campi Flegrei. Il termine latino Campi Phlegraei era limitato in origine al solo territorio di Cuma e fu in seguito esteso a tutto il distretto vulcanico.
Bibliografia
A. Maiuri, I Campi Flegrei. Dal sepolcro di Virgilio all'antro di Cuma, Roma, 1958; P. Amalfitano, G. Camodeca, L. Medri, I Campi Flegrei. Un itinerario archeologico, Venezia, 1990.