Chabrol, Jean-Pierre
romanziere francese (Chamborigaud, Gard, 1925-Lozère 2001). Considerato, con Henri Vincenot, uno dei maggiori rappresentanti della letteratura delle “radici”, ha tratto ispirazione dalla sua terra, le Cévennes, per difendere il valore della vita degli umili, spesso con toni populisti che lo hanno fatto paragonare a Maupassant, mettendo in luce il dramma del mondo contadino assalito dalla civiltà delle macchine ed esaltando la vita fraterna degli uomini a diretto contatto con la terra. Tra le opere di maggior successo: Fleurs d'épine (1957), La chatte rouge (1963), Les chevaux l'aimaient (1972), Le bouc du désert (1975), Le lion est mort ce soir (1982). Ha scritto anche il romanzo storico La Gueuse (1966), oltre a racconti (L'illustre fauteuil, 1967) e a novelle (Contes à mi-voix, 1985). Lo scrittore, che ha una predilezione per il picaresco e il genere storico, si è dedicato anche al giornalismo, alla radio, al teatro. Tra le altre opere, Le Fluviale (1986), evocazione della vita di un gruppo di battellieri; Le manchot (1994), in cui la narrazione è costruita intorno al ricordo del padre che gli ha dato il gusto di scrivere e Les aveux du silence (1995), la storia di uno scrittore che, accusato di aver ucciso sua moglie, si chiude nel silenzio per trentotto anni e infine consegna a uno psicanalista un manoscritto in cui dà una visione tutta nuova del fatto. È un'analisi delle contraddizioni perverse della scrittura che, in questo caso, ha un profondo legame con l'affare Althusser. Le mille et une veillées (1997) è una raccolta di brevi testi, mentre il successivo romanzo, La banquise (1998), racconta le difficoltà di integrazione in un villaggio della Cevenne di una giovane donna dal passato burrascoso, colpevole di aver amato un ufficiale tedesco.