Dai piccioni viaggiatori a WhatsApp: com'è cambiato il nostro modo di comunicare?
Il desiderio umano di condividere idee, emozioni e informazioni ha sempre guidato la necessità di trovare nuovi modi di comunicare. Dai piccioni viaggiatori a WhatsApp, ogni tappa è un tassello di una storia affascinante, che parla della nostra essenza più profonda: il bisogno di entrare in contatto con gli altri
Da sempre l’uomo sente il bisogno di comunicare con i propri simili anche a grandi distanze e questa necessità lo ha sempre spinto a cercare soluzioni ingegnose, la cui evoluzione è una storia affascinante che attraversa i secoli e riflette i profondi cambiamenti sociali, tecnologici e culturali dell’umanità. Dall’utilizzo dei piccioni viaggiatori fino all'immediatezza di un messaggio su WhatsApp, il modo in cui comunichiamo racconta chi siamo e come ci relazioniamo al mondo.
Piccioni viaggiatori e segnali di fumo
Molto prima che le reti digitali collegassero il globo, le comunità umane si affidavano a metodi ingegnosi anche se piuttosto lenti: basti pensare che per millenni i piccioni viaggiatori sono stati il mezzo di comunicazione più veloce a disposizione, grazie alla loro innata capacità di tornare sempre alla colombaia di origine.
Questo metodo funzionava in modo unilaterale, nel senso che il piccione veniva trasportato lontano dal suo nido per poi essere liberato all’occorrenza. Bisognava quindi avere un messaggero alato per ogni luogo con cui si voleva comunicare, o veicolare informazioni cruciali, soprattutto in ambito militare.
L’utilizzo dei piccioni viaggiatori è molto antico: risale agli egizi e ai persiani e per tremila anni è rimasto uno dei metodi più efficaci, affiancato da soluzioni di telegrafia ottica, che si avvaleva del fuoco durante la notte e di segnali di fumo o di specchi riflettenti durante il giorno, oppure anche di telegrafia acustica, grazie per esempio al suono di tamburi.
Si tratta di modalità diffuse nelle culture di tutto il mondo: dagli indiani d’America agli aborigeni australiani, dai guardiani della Grande Muraglia cinese fino all’antica Grecia, che seppe della presa di Troia la notte stessa, proprio grazie ad una serie ininterrotta di segnalazioni luminose emesse dai posti di guardia. Questi strumenti, sebbene rudimentali, richiedevano una conoscenza profonda dell’ambiente e una precisione incredibile, mostrando come anche senza tecnologie avanzate l’uomo sia sempre stato spinto a superare le barriere della distanza.
L’invenzione del telegrafo
L’impiego di piccioni viaggiatori è strettamente legato all’invenzione della scrittura, grazie alla cui invenzione la comunicazione ha compiuto un salto qualitativo epocale, permettendo inoltre di conservare informazioni e trasmetterle attraverso il tempo e lo spazio.
Nel Medioevo, i messaggi hanno iniziato a viaggiare anche attraverso corrieri a cavallo, e poi più avanti per posta, ma il vero spartiacque nella comunicazione a distanza è rappresentato dal telegrafo. Inventato e brevettato negli Stati Uniti nel 1837 da Samuel Morse, questo dispositivo permise per la prima volta di inviare messaggi istantanei attraverso fili elettrici.
Il telegrafo di Morse trasmetteva le lettere attraverso un codice (detto appunto “Morse” in onore del suo ideatore) che prevedeva l’uso di due diversi impulsi elettrici: breve (punto) e lungo (linea). Ogni lettera era formata da una determinata sequenza di punti e linee. Questo tipo di telegrafo si diffuse molto rapidamente, scalzando strumenti simili ma molto meno efficaci, tanto che già nel 1852 negli USA le linee telegrafiche si estendevano per circa 37 mila chilometri.
Venne quindi adottato ufficialmente in tutto il mondo, grazie anche alla posa dei primi cavi sottomarini, che già nel 1850 consentivano il collegamento tra Regno Unito ed Europa Continentale, e a quelli transatlantici nel 1866, che collegavano l’Europa al Nord America. Da quel momento, le distanze sembrarono accorciarsi, aprendo la strada a un mondo sempre più interconnesso, trasformando per esempio anche i giornali, che passarono dalla divulgazione di articoli di opinione, a diventare i veicoli di notizie che conosciamo oggi. Ebbe inoltre ripercussioni sul sistema ferroviario e sul mercato azionario, benché rimase sempre un servizio pubblico e mai privato, come invece accadrà al telefono.Il telegrafo elettrico raggiunse la sua massima diffusione negli anni venti del secolo scorso, quando iniziò progressivamente a scemare a causa della diffusione di invenzioni ancora più efficaci quali radio e telefono, fino a scomparire del tutto con l’avvento di internet.
L’invenzione del telefono
Forse non tutti sanno che il primo telefono parlava italiano: fu infatti Antonio Meucci a costruire quello che chiamò “telettrofono”, depositando il brevetto nel 1871: si trattava in realtà di una domanda di brevetto a scadenza annuale, in quanto all’epoca Meucci non aveva la somma necessaria per poter salvaguardare la sua invenzione a tempo indeterminato. Fu così che il Nostro si è conteso la paternità dell’invenzione con Alexander Graham Bell, ingegnere statunitense di origini britanniche che lo brevettò nel 1876. Solo nel 2002 il Congresso degli Stati Uniti ha riconosciuto la paternità italiana a questa fantastica invenzione.
Ma al di là di chi lo abbia realmente inventato, il telefono ha il merito di aver aggiunto una dimensione umana alla comunicazione: la voce. La possibilità di conversare in tempo reale con qualcuno a chilometri di distanza trasformò la società e il modo di fare affari. Negli anni venti cominciarono ad apparire le prime utenze domestiche e da lì il telefono ha pian, piano cambiato aspetto e design, fino ad arrivare alla progressiva comparsa di telefoni portatili che hanno provocato il disuso delle cabine telefoniche pubbliche, dismesse completamente degli anni 2000.
La radio
Qualche anno più tardi rispetto all’invenzione del telefono, Guglielmo Marconi brevettò a Londra la radiotelegrafia, ma bisogna aspettare il 1901 per vedere, sempre a opera di Marconi, la realizzazione della prima comunicazione radiotelegrafica transatlantica su una distanza di 3.200 chilometri, dal Regno Unito a Terranova: il segnale riuscì allora ad oltrepassare l’Oceano Atlantico seguendo la curvatura della Terra.
Successivamente, fu inaugurato il primo servizio pubblico regolare di radiotelegrafia attraverso l'oceano Atlantico, che diede la possibilità alle navi transatlantiche di lanciare l'SOS senza fili: famoso rimane il salvataggio dei 705 superstiti del Titanic, che riuscì ad inviare una richiesta di soccorso proprio grazie a questa tecnologia.
Durante la prima guerra mondiale i soldati fecero largo uso della radio per comunicare tra reparti ed anche per intercettare i piani dei nemici, fino al 1924 quando in Italia iniziano ad essere trasmessi in filodiffusione contenuti inerenti teatro, notizie, conversazioni, concerti. Con l’avvento della radio e poi della televisione, la comunicazione divenne di massa. Per la prima volta, messaggi, notizie e intrattenimento potevano raggiungere milioni di persone contemporaneamente. Questi mezzi non sono solo strumenti di comunicazione, ma anche potenti veicoli culturali e politici.
La televisione
L’impatto della televisione in una manciata di decenni è stato davvero dirompente! Al di là dei vari tentativi, l’invenzione si fa risalire al 1925 ad opera dello scozzese John Logie Baird, che nel suo laboratorio londinese organizzò la sua prima trasmissione televisiva: il volto appariva deforme e sfocato, ma poco importava… la rivoluzione aveva avuto inizio!
La TV inizia velocemente a diffondersi tra Europa e Stati Uniti, fino ad arrivare al 1927 quando l’americano Philo Farnsworth inventa la televisione a tubo catodico, ma sarà nel Dopoguerra che i nuovi televisori inizieranno a diffondersi in modo capillare in tutte le case.
È grazie alla televisione se a livello globale si potrà assistere a dibattiti politici storici come quello tra Kennedy e Nixon nel 1960, oppure allo sbarco sulla Luna nel 1969.
In Italia la televisione svolgerà una funzione aggregativa ed inclusiva, permettendo a tanti analfabeti di poter seguire trasmissioni culturali e pedagogiche. La televisione a tubo catodico ha dominato il mercato nella seconda metà del Novecento, trovando nuove funzionalità grazie alla diffusione dei video registratori, e poi dei lettori Dvd e Blu-Ray, fino ad arrivare al boom delle piattaforme di streaming.
L’avvento di internet
Negli anni ‘80 e ‘90, il personal computer e Internet hanno segnato un nuovo capitolo. Le email hanno gradualmente sostituito le lettere tradizionali, mentre i forum e le chat hanno aperto nuovi spazi di comunicazione virtuale.
Si tratta di un punto di svolta epocale nella storia della tecnologia e della comunicazione umana: il personal computer, che fino agli anni ‘70 era un oggetto costoso e riservato alle aziende e ai laboratori, è diventato progressivamente accessibile alle famiglie grazie a prodotti iconici come il Commodore 64, l’Apple II e l’IBM PC. Parallelamente, la nascita di Internet iniziava a creare una rete globale capace di collegare individui e organizzazioni in tempo reale.
Con l’introduzione di protocolli e il lancio del primo browser web nel 1993, il panorama della comunicazione cambia drasticamente: le email, sviluppate già negli anni ‘70 ma a disposizione di tutti nei decenni successivi, iniziano ad offrire una velocità e una praticità senza precedenti. Le aziende sfruttano questa tecnologia per velocizzare i processi interni, mentre le persone comuni abbracciano l’email come un nuovo modo per restare in contatto.
Contemporaneamente, i forum e le chat room rappresentano i primi spazi di comunicazione virtuale, permettendo alle persone di discutere su interessi condivisi e di creare comunità virtuali.
Questi strumenti prefigurano l’avvento dei social media, rendendo possibile l’interazione tra individui di tutto il mondo senza le barriere fisiche o temporali. Insomma, negli anni ‘80 e ‘90, il mondo entra ufficialmente nell’era digitale, gettando le basi per le innovazioni del XXI secolo.
Oggi: WhatsApp e la comunicazione istantanea
Nel XXI secolo, con l’avvento degli smartphone, la comunicazione vive una trasformazione senza precedenti, diventando onnipresente e istantanea. WhatsApp, lanciata nel 2009 da Jan Koum e Brian Acton, è uno degli esempi più rappresentativi di questa rivoluzione digitale.
Inizialmente concepita come un’app per aggiornare il proprio status, WhatsApp si è evoluta rapidamente, diventando una piattaforma versatile che consente di inviare messaggi di testo, condividere foto, video, documenti, e persino effettuare chiamate vocali e video in tempo reale, il tutto gratuitamente attraverso semplicemente una connessione Internet.
Nel 2014, la sua acquisizione da parte di Facebook – ora Meta - ha segnato una delle operazioni tecnologiche più rilevanti dei nostri anni. Ad oggi, con oltre 2 miliardi di utenti attivi in più di 180 Paesi, WhatsApp non è solo uno strumento di comunicazione personale, ma anche una risorsa indispensabile per aziende, scuole e persino governi, che lo utilizzano per coordinare attività, condividere informazioni e fornire assistenza.
L’immediatezza e la semplicità di WhatsApp riflettono il crescente bisogno di connessione costante nell’era digitale. Tuttavia, questo cambiamento epocale ha sollevato importanti interrogativi sull’impatto della tecnologia sulle relazioni umane: se da un lato ci sentiamo più vicini grazie alla possibilità di rimanere in contatto con chiunque, ovunque e in qualsiasi momento, dall’altro le interazioni si sono spostate sempre più verso un piano digitale, spesso sacrificando la profondità delle conversazioni tradizionali.
Paola Greco
Foto di apertura: Immagine Freepik