spiritual

s. e agg. inglese (abbr. di spiritual song, canto spirituale) usato in italiano come sm. Genere di canto popolare sacro dei neri americani sorto verso il 1800 da un lungo sviluppo storico. Gli schiavi neri delle Colonie venivano portati in chiesa (su scranni segregati) fin dal 1640. Nel rito detto common way (uso comune), il precentor intonava i Salmi in modo solenne, 1-2 versetti alla volta, e i fedeli ripetevano in coro, a orecchio, con varianti libere. I testi (non le melodie) erano stampati sul Bay Psalm Book; la parola spiritual già vi compare (1651), senza un significato preciso. Dal 1720, dopo iniziali resistenze, una riforma impone di cantare leggendo la musica, a tempo e a tono (regular singing): compaiono in chiesa organi, scuole di canto, cori professionali; si stampano innari con le melodie. Molti credenti, specie al Nord, convertono i neri e li istruiscono. Nel 1730, sulle ali di un travolgente movimento religioso, il Great Awakening (Grande Risveglio), si diffondono nuove melodie, più vivaci, adattate a poesie religiose: assai popolari, specie tra i neri, sono i due innari dell'inglese Isaac Watts, dai testi freschi e vivi. Dopo la rivoluzione, si formano le chiese nere, con propri cantori e maestri di musica; ma gran parte dei neri resta analfabeta e impara i canti a orecchio. Gli schiavi delle campagne creano nuovi canti oralmente, mescolando inni e salmi, melodie sacre e profane, in strutture irregolari, con frasi ritmate ripetute. In breve, il termine spiritual va a indicare questi canti, spesso associati a danze in tondo (shout). I neri colti li disprezzano, come rozze espressioni del popolo ignorante, e restano fedeli ai loro innari. L'unico documento d'epoca degli spiritual è il volume Slave Songs of the United States (1867). A esso seguirono altre trascrizioni e (sec. XX) registrazioni sul campo. Con la fine della schiavitù, nascono università per i neri; alla Fisk University un maestro di coro trascrive alcuni spiritual, li arrangia in modo accademico, e li fa eseguire in concerto per raccogliere fondi. Nascono i Fisk Jubilee Singers, che colgono un trionfale successo al Giubileo della Pace (1872). In breve proliferano gruppi analoghi, che portano gli spiritual corali “da concerto” in tutto il mondo. Nel sec. XX ne nascono anche versioni per canto e piano, diffuse da grandi voci di colore (P. Robeson, M. Anderson). Negli USA gli spiritual da concerto trionfano fino al boom del jazz e del gospel (1920). Essi non sono (come si crede) genuina espressione popolare: sono musica colta, le melodie folk d'origine sono addomesticate e armonizzate in modo “classico”, e i coristi cantano immobili, come nell'uso europeo. Inoltre essi, esprimendo l'ingenua fede crisiana dello schiavo convertito, danno del nero un'immagine mansueta e candida, conforme ai pregiudizi bianchi. Tuttavia le trascrizioni firmate dai grandi autori neri (N. Dett, S. Coleridge-Taylor, H. Burleigh) e le incisioni storiche dei migliori gruppi corali sono di sicuro pregio d'arte.

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