solitóne
sm. [dall'inglese solit(ary), solitario, + -one]. Detto anche “onda solitaria”, è un'onda che nel propagarsi non modifica il suo profilo, non perde intensità e non si disperde. Nel 1965, N. J. Zabusky e M. D. Kruskal, studiando un problema relativo a plasmi non collisionali, osservarono come, dopo una collisione tra due onde, la struttura e la velocità non si fossero modificate (a parte uno spostamento di fase). Zabusky e Kruskal coniarono il termine solitone per evidenziare come i solitoni avessero una natura simile a quella delle particelle. Due solitoni collidenti si comportano quindi come particelle che subiscono un urto elastico. Nel 1973 A. Hasegawa ipotizzò che potessero esistere solitoni all'interno di fibre ottiche, e da quel momento si sono compiuti enormi progressi nella trasmissione di impulsi laser brevi senza distorsione (fino ad alcuni Gbit su distanze dell'ordine delle decine di migliaia di km). È questo un campo che ha beneficiato molto della possibilità di avere sorgenti estremamente intense di luce coerente (laser), per poter studiare effetti di ottica non-lineare. Lo studio della propagazione di solitoni è dunque di grande importanza per l'applicazione nel campo delle telecomunicazioni. Alcuni tra i numerosi fenomeni descrivibili in termini di onde solitarie o solitoni sono: la “macchia rossa” di Giove, una struttura persistente da diverse centinaia di anni nella atmosfera altamente turbolenta del pianeta; la propagazione di onde ionico-acustiche nei plasmi, di interesse astrofisico e nei plasmi fusionistici; l'accumulo e il trasferimento di energia nelle catene di proteine (solitone di Davydov); la teoria delle giunzioni di Josephson, utilizzate in circuiti veloci di interesse per i supercalcolatori.