pòpolo
IndiceLessico
sm. [sec. XIII; latino popŭlus].
1) Collettività sociale di persone che, assieme al territorio e alla sovranità, costituisce la base di ogni organizzazione statale: il popolo italiano, romano, ebraico; gli eroi che hanno combattuto per la libertà dei popoli.
2) In senso più strettamente civile, l'insieme dei cittadini di uno Stato, in contrapposizione al governo: il re godeva la fiducia del suo popolo;popolo sovrano, che è arbitro delle proprie sorti in quanto partecipa direttamente o più spesso indirettamente (mediante gli istituti rappresentativi) alla gestione della cosa pubblica. Per analogia, l'insieme dei fedeli rispetto al clero: il popolo rispondeva alle preghiere del sacerdote. Per estensione, la collettività dei cittadini: le richieste del popolo, cercare il favore del popolo.
3) La categoria sociale che comprende il maggior numero di cittadini di condizione modesta ma non infima (opposta quindi a nobiltà, borghesia o anche alla plebe): le rivendicazioni, gli interessi, le abitudini del popolo; con particolari determinazioni: il popolo colto; il basso popolo; nei Comuni medievali, popolo grasso, la ricca borghesia; popolo minuto, i ceti meno abbienti. Talvolta con valore restrittivo e spregiativo, per indicare le classi inferiori della società di modestissimo livello intellettuale: popolo ignorante, popolo bue; in tal senso frequente il dim. popolino, la parte più bassa e incolta del popolo, facilmente disposta a pettegolezzi, superstizioni, ecc. Per estensione, nei Comuni medievali, nome di organismi democratici di varia natura.
4) In senso più generico, la popolazione di una regione, di un centro abitato e simili: il popolo piemontese; il popolo di Milano partecipò compatto alle Cinque Giornate. Anche popolazione in genere come collettività omogenea di uomini, di esseri viventi o immaginari, di cose: i popoli dell'Asia, il popolo delle fate; un popolo di formiche. Per estensione, antiq., moltitudine, folla: ci fu grande concorso di popolo; gente in genere: “al popol tutto / favola fui gran tempo” (Petrarca).
Storia del diritto
Come presupposto necessario all'esistenza dello Stato il popolo è a esso preesistente ed è la fonte di ogni sovranità in esso esercitata. Il concetto di popolo quale soggetto attivo della sovranità è fondamentale nella concezione dello Stato, anzi è questa la linea di discrimine fra lo Stato democratico e quello assoluto, nel quale la sovranità è invece prerogativa esclusiva del monarca e il popolo è semplicemente un oggetto, sul quale il re esercita la sovranità, per cui in quel caso lo Stato si può definire “Stato del principe”. Nell'antichità le monarchie si presentano tutte strutturate in Stato assoluto: nel loro sorgere e formarsi esse hanno usurpato dapprima il potere economico dei vari gruppi tribali e su di esso hanno costruito il loro potere politico, riducendo il popolo da soggetto della sovranità (qui da intendersi meglio come libertà) a oggetto passivo della volontà del re e quindi suo suddito. A dare forma legale a questa usurpazione i re chiamano in causa anche gli dei, pretendendo che la loro sovranità sia di origine divina. Il mutuo appoggio che si stabilisce fra monarchia e casta sacerdotale ha facilmente ragione della resistenza del popolo e i due poteri si consolidano con una pesantissima sovrastruttura di privilegi, che li fanno considerare inamovibili. Molte volte il popolo ha tentato di sottrarsi a questo pesante gioco, ma erano sempre mancate le condizioni necessarie a un radicale mutamento. Il momento propizio si ebbe con la Rivoluzione francese, quando allo stadio avanzato di disfacimento della monarchia assoluta in Francia fece riscontro un'adeguata preparazione ideologica, che si richiamava alle origini prime del concetto di sovranità, per riconoscerla prerogativa esclusiva del popolo. Questa idea divenne forza rivoluzionaria nell'abbattimento del vecchio regime monarchico e si concretizzò poi nella teoria della “sovranità popolare”, che non solo restituiva al popolo una prerogativa che gli era stata tolta, ma con essa ridava a ogni suo membro (il singolo cittadino) la dignità di perfetta uguaglianza giuridica. La legge cessava di essere espressione della volontà del solo monarca e diventava forma esplicitata dalla volontà generale del popolo; i governanti erano in tal modo solo dei mandatari del popolo e potevano agire solo nel limiti espressi dalla legge, cioè dalla volontà popolare. Nasceva così lo Stato costituzionale, lo Stato democratico moderno. In Italia la Costituzione della Repubblica esplicita con chiarezza questi principi: “L'Italia è una Repubblica democratica...”, nella quale “la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. La sovranità popolare si esplica: nell'elezione degli organi legislativi, nel referendum, nell'elezione dei consigli regionali e delle giunte provinciali e comunali, nella giustizia amministrata “in nome del popolo italiano”. Le libertà sancite dalla Costituzione non sono solo appannaggio dei singoli cittadini, ma diritti di tutto il popolo, che può liberamente esprimere il proprio pensiero, organizzarsi in partiti, sindacati e in altre forme associative; inevaso finora, ma contemplato dalla Costituzione, pure l'esercizio della sovranità popolare nel controllo delle imprese e nella direzione pubblica dell'economia.