non profit
Indiceloc. inglese usata in italiano come agg. (propr. senza guadagno). Detto di enti o associazioni impegnati in un'attività senza fini di lucro, soprattutto nell'ambito della solidarietà e del volontariato a scopo benefico, e delle iniziative stesse: comunità, assistenza non profit; anche come sm., l'insieme di tali attività: dalle ultime indagini è risultato che il non profit è un settore in crescita.
Sociologia
Le associazioni non profit rappresentano un fenomeno emergente sia nelle aree del mondo in via di sviluppo, sia in quelle che, per via dell'elevata modernizzazione, sono definite avanzate. La loro importanza va aumentando in vari campi delle attività umane: dai servizi educativi e formativi a quelli sociali e sanitari, dalle attività sportive e di tempo libero a quelle artistiche e di ricerca scientifica; dal campo della protezione civile a quello ecologico, a quello della difesa dei consumatori. Le associazioni non profit non trattano solo situazioni, condizioni o contesti di carattere patologico, ma si occupano anche di questioni di carattere “normale”, ossia di aspetti della vita quotidiana nel senso più ampio e ordinario del termine e proprio per questa ragione esse si presentano come un fenomeno complesso e variegato. Tale articolazione deriva sia dal contesto esterno in cui operano, sia dalla natura stessa delle loro finalità e modalità di azione. È perciò difficile darne un'univoca definizione che non si limiti alla configurazione giuridica e normativa – diversamente elaborata nei vari contesti nazionali – del settore non profit. Le caratteristiche che distinguono queste formazioni sociali da quelle di mercato e da quelle statali possono, comunque, essere sintetizzate seguendo tre direttrici principali: a) il loro carattere prevalentemente sociale; b) la specificità dei beni che queste producono; c) la propria organizzazione. Seguendo la prima direzione, si deve immediatamente specificare che il termine sociale non è inteso come sinonimo di collettivo, quanto piuttosto di matrice generativa delle altre dimensioni (politiche, giuridiche, culturali, economiche, ecc.). Si vuole, insomma, evidenziare prima di tutto la relazionalità che si instaura tra i membri dell'associazionismo non profit, sottolineandone la natura diretta (faccia a faccia) o indiretta (si pensi alle possibilità offerte dalle tecnologie comunicative). Ma la base fondamentale da cui non può prescindere un'organizzazione non profit è rappresentata dal suo carattere di socialità, intesa come capacità di dilatare e innovare l'esercizio e la fruizione dell'agire economico, dei modelli culturali, delle stesse regole giuridiche. Le linee relazionali che distinguono le organizzazioni non profit fanno sì che gli ambiti prima indicati – culturali, economici, politici, del diritto, ecc. – siano investiti di una missione organizzativa e da finalità di pubblico interesse che hanno spesso sollevato incomprensione e persino ostilità nelle organizzazioni di tipo tradizionale. D'altro canto, anche le organizzazioni non profit sembrano vivere contraddizioni che però, a ben vedere, risultano essere più apparenti che reali. Esempio di ciò è il bisogno di autonomia da esse rivendicato, da un lato, e la richiesta di finanziamenti pubblici, dall'altro, che può portare ad autoconcepirsi come strutture parallele al servizio svolto dallo Stato. La seconda linea scelta per distinguere le formazioni non profit è la specificità dei beni prodotti. Ovvero, quei beni che non cadono sotto le categorie tradizionali in cui l'economia e il diritto classificano tradizionalmente i beni, distinguendoli in pubblici e privati. I beni offerti dalle formazioni non profit, di fatto, non sono pubblici perché non hanno le caratteristiche dei beni collettivi, alla maniera di quelli elargiti dallo Stato e, al contempo, non sono privati, in quanto non possono essere immaginati come prodotti della discrezionalità da parte del soggetto o dei soggetti proprietari. I beni offerti da queste organizzazioni hanno la caratteristica di racchiudere ambedue le categorie: sono pubblici in quanto hanno un'utilità sociale e privati perché creati, prodotti e gestiti da privati. Essi assumono un carattere e una dinamica di scambio inediti in virtù di quel quid aggiuntivo dato, appunto, dal loro valore relazionale: la compartecipazione d'interesse fra i membri evidenzia non l'assenza totale del profitto, bensì il carattere collettivo del profitto stesso. Qualche economista preferisce infatti alla formula non profit quella profit-sharing, ovvero compartecipazione agli utili, che però nessuno può godere individualmente. I prodotti rappresentano nella loro creazione e nella loro fruizione un insieme di risorse materiali, umane e sociali inscindibili. Rispetto al carattere organizzativo tali formazioni si distinguono da quelle di mercato e/o da quelle proprie dello Stato per l'autodirettività. L'elemento distintivo può essere individuato sociologicamente nel tipo di relazioni che legano i soci, nella capacità integrativa che da esse discende e, conseguentemente, dalla particolare solidarietà che esse promuovono. Il fine delle organizzazioni non profit è, del resto, proprio quello di creare, promuovere e difendere la solidarietà, praticando la reciprocità, l'equità e le “regole del dono”. La cultura di chi opera nelle organizzazioni non profit o del terzo settore rifugge sia dalla mentalità di chi si affida a meccanismi di tipo statale, sia da quella di chi, a differenza, spera nella “mano invisibile” del mercato. Pur attente a costruire un'organizzazione operativa in grado di rispondere a criteri di gestione pubblica, tali formazioni si ispirano allo scambio reciproco e ciò facendo si avvicinano molto ai gruppi informali (famiglie, reti sociali, ecc.) esistenti nella società. Le organizzazioni non profit o di terzo settore si differenziano anche dalle cooperative, più orientate a configurarsi come vere e proprie imprese, seppure di carattere sociale. Di fatto le organizzazioni non profit incidono soprattutto sulla normatività sociale, promuovendo reciproco riconoscimento e un'idea solidaristica di politica, lavoro ed economia. In questo senso esse disegnano quello che è chiamato il terzo settore, collocato fra Stato e mercato, fra pratica orientata allo scopo e attività ispirate ai valori. Significativamente, il non profit è attraversato e interpretato da diverse linee culturali e politiche. Una, di discendenza liberale, che nel sottolineare il valore associativo, le colloca nell'ambito delle opportunità dirette a integrare o sostituire le funzioni dello Stato. Una seconda, che possiamo accostare al pensiero e alla politica socialdemocratica e/o marxista, che ne auspica una configurazione capace di essere diretta espressione dello Stato. Una terza può essere colta rifacendosi ai caratteri di una democrazia di tipo partecipativo, ispirata ai diritti di cittadinanza di cui ogni individuo è detentore. La possibilità di ulteriore sviluppo delle organizzazioni non profit sta, anche nel caso italiano, nella capacità che queste avranno di preservare la propria natura sociale, ma anche di adattarsi, valorizzando la flessibilità del terzo settore, ai mutamenti dell'economia e della politica del Welfare.