narcisismo

Indice

Lessico

Sm. [sec. XIX; dal mitico Narciso].

1) Anomalia del comportamento sessuale descritta da H. Ellis per cui il soggetto rivolge verso se stesso il proprio interesse libidico. S. Freud distinse un narcisismo primario, tipico del bambino nella primissima infanzia, in cui la libido è centrata sul proprio corpo, e un narcisismo secondario, in cui la carica libidica ritorna al soggetto attraverso un'identificazione con l'oggetto amato. In psicopatologia il narcisismo è presente in alcune psicosi in cui si individua un'apparente impossibilità di amore oggettuale. È detto anche autofilia.

2) Per estensione, ogni forma di eccessivo compiacimento delle proprie qualità.

Sociologia

Per la psicoanalisi freudiana, narcisista è l'individuo che, privo della capacità di istituire relazioni gratificanti con oggetti esterni a sé – si tratti di altri individui o di interessi intellettuali, scientifici, artistici – enfatizza la propria persona come oggetto di amore tendenzialmente esclusivo. Questo atteggiamento della personalità, se fortemente strutturato, manifesta una vera e propria patologia, la cui origine è generalmente individuata dagli psichiatri e dagli psicologi in una insufficiente e insoddisfacente relazione con la madre sin dai primi mesi di vita. Esistono però contesti sociali e attitudini culturali diffuse che possono favorire lo sviluppo del narcisismo come autentico comportamento sociale, prolungandone la fenomenologia nell'età adulta e consolidandolo via via come stile di vita e visione del mondo. Il carattere narcisistico della vita quotidiana rappresenta, insomma, un fenomeno in larga parte mediato dalla società e rinforzato da stereotipi culturali, mode e influenze del sistema della comunicazione. L'esempio forse più convincente di questa propensione collettiva a stimolare e rinforzare il narcisismo individuale nelle società di massa è dato dalla pubblicità televisiva e dal divismo. Associando la realizzazione del sé individuale all'interiorizzazione di valori dominanti di tipo culturale ed estetico – la bellezza, l'efficienza fisica, il successo, la capacità di sedurre – il sistema comunicazionale avrebbe progressivamente trasformato il narcisismo da patologia latente della personalità individuale in una manifestazione tipica delle società affluenti. La scuola psicoculturale americana, a cominciare da C. Lasch, ha analizzato la cultura del narcisismo negli USA sin dagli anni Settanta del sec. XX come risposta collettiva a una profonda crisi di valori e di significati. In qualche modo, il narcisismo sociale si configurerebbe come un'alternativa individualistica al declino delle utopie politiche e delle convinzioni religiose tradizionali. La congestione demografica delle grandi aree metropolitane, l'incubo nucleare e la paura del collasso ambientale, il bombardamento psicologico esercitato sugli individui dalla proliferazione dei media e dall'invadenza della comunicazione pubblicitaria avrebbero determinato a livello di massa una sorta di saturazione ansiosa nei confronti del mondo esterno, percepito come ostile e aggressivo. Di qui il rifugio nel nuovo misticismo delle sette, da un lato, e il culto della propria individualità, intesa come significato e valore in sé, dall'altro. Per Lasch si tratterebbe di strategie di sopravvivenza, attraverso le quali i soggetti umani cercano di prolungare la propria esistenza, rifiutando la naturalità di fenomeni come l'invecchiamento, il deperimento fisico, la malattia. Il benessere individuale diviene una finalità primaria, con una marcata tendenza all'autarchia – il narcisista aspira a una felicità da non spartire con nessuno e che non dipende dal contributo di altri – e con lo sviluppo di una serie di tabù. L'esistenza della povertà, della marginalità, dell'handicap, della vecchiaia, e soprattutto la realtà incancellabile della morte, diventano intollerabili e provocano a volte reazioni di rifiuto rabbioso che rappresentano tentativi di esorcizzare la paura interiore assai più che non atteggiamenti consapevolmente orientati da ragioni filosofiche o ideologiche. Quello che conta davvero è sviluppare pratiche edonistiche che trasmettano l'illusione di un'eterna giovinezza e di una soddisfazione immediata. La fortuna del fitness come stile di vita, fondato su attività fisico-motorie, danza, diete, massaggi, ipnotismo, yoga e training autogeno, ecc., al di là degli obiettivi benefici conseguibili, è testimonianza dello straordinario diffondersi del narcisismo sociale. Viceversa, la sensibilità narcisista diffida della partecipazione sociale, dell'impegno politico, dell'azione collettiva in genere. Ne teme la sotterranea violenza psicologica, li percepisce come fonti di delusione, frustrazione, competizione capaci di violare una personalità che oscilla fra deliri di onnipotenza e percezione esacerbata della propria vulnerabilità. Il narcisismo sociale alimenta una visione del mondo insofferente del passato e della memoria e priva di fiducia nel futuro. Si dilata perciò nel senso comune la dimensione del presente e si smarrisce il senso della continuità storica. Si vive per sé, non per i predecessori o per i posteri: questo è il convincimento e l'imperativo etico del narcisismo di massa. Come ha scritto Lasch, il nuovo credo americano non ha nulla di religioso, bensì è interamente terapeutico. Non ingrassare, non invecchiare sono divenuti, per Featherstone, i due comandamenti essenziali della nuova etica narcisista antiprotestante. Il culto del sé, la venerazione del corpo tendono a sostituire la ricerca del benessere momentaneo all'antica, più impegnativa e faticosa, aspirazione alla salvezza dell'anima predicata dalle grandi fedi monoteistiche.

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