Lessico

sm. [sec. XIII; latino nomen].

1) La parola che designa persone, animali o cose, sia come categoria (nome comune), sia come singolo individuo (nome proprio, scritto con l'iniziale maiuscola): avere per nome, rispondere al nome di, chiamarsi. Fig.: chiamare le cose per nome, parlare chiaramente, senza reticenze e ipocrisie. In particolare, riferito a persona, s'intende di solito la denominazione completa che identifica anagraficamente l'individuo (prenome e cognome): chiedere il nome; bisogna scrivere nome e indirizzo; fare il nome di qualcuno, nominarlo o anche segnalarlo, proporlo per un incarico; dare, prestare il nome, la propria firma come contrassegno dell'identità civile (per garanzie, petizioni, ecc.). Nell'uso comune, indica spesso il solo prenome: nome di battesimo. Talvolta sta per nomignolo, soprannome, pseudonimo: gli danno il nome di Nasone; finto, falso nome;nome di battaglia, d'arte, pseudonimo di combattenti e di artisti. Per metonimia, la persona stessa: c'erano i più bei nomi dell'aristocrazia cittadina.

2) In loc. estens.: A) per indicare delega o rappresentanza: parlo a nome di mio padre, da parte sua; in nome di Sua Maestà, del popolo italiano. Freq. come formula di preghiera e d'invocazione: nel nome di Cristo; in nome di Dio, ascoltatemi! B) Per indicare carattere formale e non reale: sovrano di nome, ma non di fatto; prepotenze commesse sotto il nome della giustizia.

3) Fig., prestigio, fama; reputazione: infangare il proprio nome; ereditare un nome onorato; farsi un cattivo nome; assol.: farsi un nome, diventare famoso, acquistare rinomanza.

4) In informatica, nome di flusso, l'insieme dei caratteri alfanumerici usato per identificare un flusso di informazioni nell'etichetta di testa di un flusso (vedi anchenastro); nome simbolico, l'insieme di caratteri, aventi complessivamente senso compiuto, usati nei programmi scritti in linguaggio simbolico per identificare istruzioni, operandi, funzioni, aree di memoria, unità periferiche, ecc. A questo scopo vengono utilizzati codici mnemonici; per esempio, come nome simbolico dell'operazione di moltiplicazione può essere usato il codice mnemonico MULT che, per chi usa il programma, è più facile da ricordare del corrispondente codice numerico in linguaggio macchina.

Grammatica

Secondo i grammatici greci e latini il nome era la parte del discorso che comprendeva sia il sostantivo sia l'aggettivo; oggi però viene comunemente usato per indicare solo il sostantivo. La grammatica distingue nomi concreti, che indicano esseri animati o inanimati che esistono nella realtà (un giovane), e astratti, che designano concetti esistenti solo nella nostra mente come risultato di un'astrazione (gioventù); nomi comuni, che si riferiscono a tutti gli esseri di una stessa specie (uomo), e propri, che indicano separatamente e specificamente l'essere di una specie (Mario); nomi individuali, che al singolare si riferiscono a un singolo essere (soldato), e collettivi, che si riferiscono a un insieme di esseri (esercito); nomi variabili, che cambiano forma al plurale (fiore, fiori), e invariabili, che restano immutati al plurale (il re, i re); nomi primitivi, che non derivano da altra parola (libro), e derivati e alterati, che derivano da altra parola mediante l'aggiunta di suffissi o prefissi (libraio, libretto).

Diritto

Il nome è costituito da una o più parole che identificano una persona fisica: è composto dal prenome e dal cognome e ogni persona ha diritto al nome che le è per legge attribuito. § Secondo l'art. 22 della Costituzione: “Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome”; d'altro lato, non sono ammessi cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome, se non nei casi e con le formalità indicati dalla legge. La persona alla quale si contesta il diritto all'uso del proprio nome o che possa risentire pregiudizio dall'uso che altri indebitamente ne faccia, può chiedere giudizialmente la cessazione del fatto lesivo, salvo il risarcimento dei danni. Oltre al nome, la legge tutela anche lo pseudonimo, cioè il nome d'arte o di fantasia. § Secondo il diritto canonico, se i parenti impongono un nome non cristiano, il parroco dovrà aggiungere a esso il nome di qualche santo, trascrivendo l'uno e l'altro nel libro dei battezzati; l'assunzione di un nome nuovo è norma all'atto dell'ingresso in taluni ordini religiosi. Il cambiamento di nome del pontefice si richiama alla fondazione della Chiesa, quando Cristo impose all'Apostolo Simone il nome di Pietro, e divenne norma costante con Silvestro II (999).

Cenni etnologico-storici

Presso i popoli primitivi il nome entrava come componente della personalità dell'individuo e a dar risalto a questo concetto si accompagnava l'imposizione del nome con riti appropriati. Spesso veniva assegnato il nome di qualche parente defunto oppure un nome indicante il sesso del bambino o che ricordava un avvenimento particolare accaduto durante la nascita. Questo rito tendeva a mettere in contatto il bimbo con il gruppo sociale al quale apparteneva e con il mondo del passato e quello sacro. Dalla stretta relazione tra nome e persona nacque la credenza che sapendo pronunciarne esattamente il nome si poteva disporre a proprio piacimento della persona che lo portava; di qui l'usanza di occultarlo, negli atti della vita comune, sotto il velo di un altro nome e la proibizione di pronunciarlo. Dalla convinzione che la divinità fosse presente con la sua benefica protezione in misura molto maggiore quando il suo nome entrava come componente del nome di un individuo, nacque l'uso dei nomi teofori, assai vasto specialmente tra i popoli semitici: sono tali per esempio Azzu Baʽal (Baʽal è mio aiuto), Elimelech (il mio dio è re). Nei passaggi da una condizione all'altra si aveva il cambiamento del nome come a sottolineare l'avvenuta mutazione: così avveniva per il principe egiziano quando era consacrato faraone, per il sommo sacerdote nei misteri eleusini e l'usanza esiste ancora presso alcuni ordini religiosi all'atto della consacrazione definitiva a Dio. Nell'antica Grecia il nome si accompagnava al patronimico (nome del padre aggettivato) e l'usanza resiste tuttora presso gli Irlandesi e alcuni popoli slavi. Nell'antica Roma esisteva probabilmente un solo nome: Faustulus, Romulus, ecc.; in età repubblicana si avevano invece: il prenome (nome personale), il nome, indicativo della gens a cui l'individuo apparteneva, il cognome, come privilegio dei patrizi: per esempio Caius Iulius Caesar. In età imperiale il prenome andò scomparendo, il gentilizio perdette della sua originaria importanza, mentre si divulgò ulteriormente l'uso del cognome. Il cristianesimo all'inizio accettò l'onomastica in uso nell'Impero romano, ma dopo le persecuzioni introdusse nomi di apostoli, di santi, di martiri o teofori: per esempio Pietro, Paolo, Deusdedit, ecc. Dopo le invasioni barbariche e fino al sec. IX prevalse l'uso di nomi longobardi e franchi in Italia, di nomi visigotici in Spagna. La possibilità di comporre in modi diversi questi nomi all'inizio ne favorì la diffusione, ma col tempo tanta varietà venne esaurendosi e davanti all'impossibilità di distinguere le persone con nome uguale, risorse l'usanza romana del cognome accanto al nome: il fenomeno andò generalizzandosi molto lentamente e può dirsi compiuto solo nel sec. XVI. Ne è testimonianza l'uso invalso fin dalla fine del Trecento di tenere nelle parrocchie il registro dei battesimi per segnalare i casi di consanguineità agli effetti del matrimonio: uso tradotto in norma corrente dal Concilio di Trento. Fissato il cognome come attributo di ogni famiglia, rimaneva libera la scelta del nome e in questo campo agivano criteri diversi: il nome era dedotto da quello di parenti morti, dal largo repertorio dei santi, da nomi che figuravano nei maggiori capolavori letterari; non mancarono nomi tratti dal mondo classico; usatissimo fu il nome della Vergine, Maria e in Spagna anche quello delle varie feste a lei dedicate: Rosario, Dolores, Mercedes, ecc. Con la Riforma protestante invalse l'uso di nomi ebraici quali: Isacco, Abramo, Davide, ecc. Interessante nell'uso popolare il prevalere di nomi vezzeggiativi (Pierino, Gino, Pippo, ecc.), che talora accompagnano l'individuo anche quando sia divenuto adulto. Con il solo nome sono conosciuti oggi i sovrani e i papi (con il nome assunto al momento della loro elezione papale).

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